Perché
questo non succeda di nuovo
«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi
vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano
fastidiosi.
Poi
vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non
ero comunista.
Un
giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a
protestare»
Martin
Niemöller (1892-1984)
In
questi giorni alcuni medici sono in attesa del verdetto della CCEPS,
Commissione Centrale Esercenti Professioni Sanitarie, di conferma o
rigetto della loro radiazione pronunciata in seguito all’espressione
di opinioni critiche sull’obbligo vaccinale e le modalità di
somministrazione dei vaccini.
Secondo
l’articolo 41 del D.P.R. 221/1950 la radiazione è pronunciata
contro l’iscritto che con la sua condotta abbia compromesso
gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria.
L’articolo 42 correla la radiazione obbligatoriamente solo a
condotte aventi rilevanza penale o assimilabili, secondo il canone di
proporzionalità tra fatto e sanzione. Essendo i fatti addebitati
privi di rilevanza penale, sotto il profilo oggettivo, perché privi
di offensività, non risultando che tali sanitari abbiano causato
danni personali alla salute degli assistiti, applicare tale sanzione
nei loro confronti non appare coerente con i principi di
proporzionalità e di ragionevolezza, tanto più che identico
provvedimento non è stato adottato in casi puniti dalla giustizia
penale con sentenze di ergastolo, o per reati di corruzione e
concussione.
La
radiazione di medici per reato di opinione pone un interrogativo
decisivo: se sia lecito oppure no, per un medico, esprimere le
proprie opinioni, quali esse siano. L’accusa è di aver espresso un
pensiero che avrebbe provocato nella popolazione l’idea
dell’inutilità e dei rischi dei vaccini, con conseguente riduzione
della copertura vaccinale e un potenziale danno alla salute
individuale e collettiva. Anche se manca la verifica dei risultati
concreti di tali comportamenti, l’articolo 21 della Costituzione
afferma che “tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione”. La
manifestazione del pensiero, in quanto espressione di libertà, è
dunque attività lecita per tutti, anche per i medici e non può
essere compressa da fonti inferiori a quelle costituzionali. Tale
libertà e tale diritto appartengono indistintamente ad ogni
soggetto, indipendentemente dalla qualifica che lo stesso abbia,
anche se appartenente all’Ordine dei medici.
L’articolo
33 della Costituzione afferma che “l’arte e la scienza sono
libere e libero ne è l’insegnamento”. Non può dunque esserci un
vincolo a una scienza unica e di Stato e dell’ordine di
appartenenza. La scienza ha pure i suoi criteri e perfino una sua
verità, ma essa e gli scienziati agiscono all’interno di sistemi
sociali, culturali ed economici che ne condizionano priorità,
orientamenti e risultati e di cui è importante essere consapevoli.
La
storia inoltre mostra che tale verità
è spesso soggetta a mutamenti, ripensamenti e non è detto che
permanga immutabile quella proclamata oggi, soprattutto se nuove e
più forti prove mettono in discussione e portano a modificare alcune
conclusioni, o persino paradigmi correnti. Ma ciò diventa
impossibile se, anziché affidarsi alla forza delle prove per
respingere argomentazioni che risultino infondate, si reprime il
libero confronto con strumenti sanzionatori non solo estranei al
dibattito scientifico, ma intimidatori nei confronti di un’intera
categoria.
L’indipendenza
e l’autonomia dei medici sono beni preziosi da preservare, in un
ambiente antidogmatico, favorevole al libero dibattito scientifico,
trasparente e il più possibile esente da conflitti d’interessi.
Nessun ricercatore e nessun operatore sanitario dovrebbe essere messo
in condizione di aver timore di esporre i propri convincimenti su
temi attinenti alla medicina e alla pratica medica, fermo restando
che le pratiche da raccomandare sono quelle che in un contesto
scientifico in continuo divenire si avvalgono delle migliori prove di
efficacia al momento disponibili e sicurezza nel tempo.
Il
fenomeno mondiale Covid-19, che ha consentito un aperto dibattito
internazionale sulle esperienze cliniche in continuo divenire,
indispensabile alla condivisione e revisione di approcci che evolvono
in tempo reale, sta mostrando la fecondità di un confronto senza
pregiudizi sull’efficacia e la sicurezza della pratica medica,
anche fra posizioni contrapposte.
L’altra
accusa mossa ai medici è stata di aver presentato al pubblico
posizioni critiche, anziché limitarle a un contesto scientifico o
istituzionale. Si comprende il richiamo all’opportunità di
mantenere tale condotta e il suo razionale, ma gli spazi per
dibattere in ambito scientifico e istituzionale devono essere
effettivamente garantiti. È altrettanto indispensabile che, sempre
nel pieno rispetto delle regole del confronto scientifico, anche
posizioni oggi di minoranza siano consentite, senza far oggetto il
dissenso di discredito, censure e sanzioni, come sta invece purtroppo
accadendo.
Chiediamo
dunque in conclusione che, all’interno degli idonei contesti medici
e istituzionali, sia garantita in modo effettivo la possibilità di
un libero e aperto confronto (oggi di fatto fortemente inibito) tra
professionisti che condividono il metodo scientifico e possano
pertanto discutere in modo documentato di importanti temi di salute,
senza censure né divieti pregiudiziali, né tanto meno correndo il
rischio di radiazione.
La Rete Sostenibilità e Salute
Fondazione Allineare Sanità e Salute
No Grazie
AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute
Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
Giù le Mani dai Bambini ONLUS
Lumen
Medicina Democratica ONLUS
Movimento per la Decrescita Felice
Saluteglobale.it
Slow Medicine
SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica
Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia Sociale
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