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Comunicato stampa della Rete Sostenibilità e Salute sui documenti scientifici in tema di vaccinazione antiCovid dei bambini e in gravidanza

Le sottoscritte Associazioni hanno preso visione del “Documento scientifico – Proposta di moratoria sulla vaccinazione dei bambini contro la Covid-19” e del “Documento scientifico – Evitare pressioni e informazioni parziali per indurre le donne a effettuare vaccinazioni antiCovid-19 e antinfluenzali in gravidanza”.
Senza qui entrare nel merito del dibattito scientifico relativo, si rileva la coerenza dei ragionamenti sviluppati nei suddetti documenti e l’importante documentazione a supporto, e si rivolge un appello perché si apra senza indugi un ampio dibattito su decisioni pubbliche di tale portata.
Questa Rete Sostenibilità e Salute ha già rivolto simili appelli su vari temi, che purtroppo finora non hanno trovato ascolto istituzionale. Siamo tuttavia convinti che la fiducia nelle Istituzioni democratiche non possa prescindere dall’ascolto e da un confronto anche con pareri e posizioni critiche, per quanto ad oggi minoritarie, che partono dall’accettazione del metodo scientifico e da espressi riferimenti alle prove disponibili.
Questa impostazione di apertura al confronto trova autorevole riscontro in documenti del Consiglio Europeo di Nizza (dicembre 2000), nel Piano di Azione su Scienza e Società della Commissione Europea (2001), e nella salvaguardia di diritti di base fondamentali, come il diritto di espressione, il diritto di critica, con la tutela di spazi per dar corso a un effettivo dibattito scientifico su temi che riguardano salute e diritti dei singoli e della comunità, e il diritto a un’informazione bilanciata.

Per la Rete Sostenibilità e Salute
• AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute
• Associazione Arte e Medicina
• Comitato Giù le mani dai Bambini ONLUS
• Fondazione Allineare Sanità e Salute
• Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
• Gruppo No Grazie
• LUMEN APS
• Medicina Democratica ONLUS
• Rete Euromediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
• Saluteglobale.it
• Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia Sociale


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RETE SOSTENIBILITA’ E SALUTE: «VACCINO COVID AI BAMBINI, MORATORIA SUBITO»

La
Rete Sostenibilità e Salute ha lanciato un appello, già
sottoscritto da circa un migliaio di operatori sanitari, per la
richiesta di una moratoria sulla somministrazione del vaccino Covid
ai bambini.

«La
vaccinazione dei bambini non comporta sostanziali benefici diretti ai
riceventi, data la bassa incidenza e le manifestazioni cliniche
moderate della malattia nelle fasce pediatriche, né benefici di
rilievo per la collettività,
poiché i bambini non hanno un ruolo rilevante nella trasmissione del
SARS-CoV-2 – scrive la Rete nel suo appello – Inoltre, i
vaccini in uso non azzerano la trasmissione dell’infezione, hanno
durata sconosciuta ed efficacia ridotta su alcune delle varianti
sinora emerse. Non è stata stabilita, ad oggi, la necessità e la
frequenza di dosi di richiamo per mantenere l’immunità conferita con
i vaccini (ma già si prospettano con insistenza rivaccinazioni
almeno annuali), ed è sconosciuto l’effetto di una eventuale
immunizzazione periodica».

«A
fronte di benefici minimi o trascurabili riteniamo
che non sia opportuno esporre i bambini al rischio di eventi avversi
conosciuti e comuni,
anche se probabilmente in gran parte reversibili, e al
rischio di eventi avversi a lungo termine ancora non individuati, ma
possibili
– proseguono i promotori – La sorveglianza post-marketing delle
vaccinazioni è iniziata da poco tempo; le informazioni su eventi
rari ma pericolosi si potrebbero presentare nel corso degli anni, ed
evidenziarsi essenzialmente con lo sviluppo di programmi di
sorveglianza attiva, ancora oggi lacunosi o completamente assenti. Si
ritiene che la vaccinazione da sola non possa portare alla “immunità
di gregge”, quindi attualmente non esiste una giustificazione
“altruistica” o “etica” nel vaccinare i bambini al fine
di proteggere le popolazioni a rischio, già oggetto di un’intensa
campagna vaccinale».

«I
bambini reagiscono in modo diverso rispetto agli adulti ai vari
stimoli antigenici, con differenze profonde nelle varie fasce di età.
Inserire nuove vaccinazioni nei calendari vaccinali pediatrici
potrebbe comportare una riduzione delle coperture delle vaccinazioni
di routine, e causare interazioni sconosciute. I bambini non sono i
più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più
grandi vittime. L’imperativo ippocratico “primum non nocere” è
un principio basilare per ogni medico e dovrebbe esserlo anche per
ogni provvedimento di sanità pubblica. Il numero di vaccini da
inoculare (NNT) ai bambini potrebbe essere molto alto per evitare
loro un caso di COVID-19; continueremo ad impegnarci per promuovere
alimentazione sana e stili di vita adeguati a preservare le
fisiologiche capacità difensive dell’organismo contro tutte le
infezioni e contro le malattie croniche e degenerative»: così si
conclude il documento.

L’appello,
articolato e documentato, ha a corredo una corposa bibliografia
scientifica che viene messa a disposizione delle istituzioni, delle
autorità e dei decisori politici.




Paracetamolo e FANS nella 1a fase di una Covid-19? Perché NO

Messaggi principali
 Nella 1a fase della Covid-19 va contenuta la crescita virale. Febbre e infiammazione sono di regola utili difese dai germi patogeni, mantenute per questo in milioni d’anni di evoluzione
 Paracetamolo e FANS (es. ibuprofene) riducono la febbre, i FANS anche l’infiammazione, e possono aiutare la moltiplicazione dei virus e favorire il loro arrivo nei polmoni superando le difese innate delle vie respiratorie superiori. Il paracetamolo consuma anche le nostre difese antiossidanti
 Ci sono prove preliminari che paracetamolo e alcuni FANS peggiorano le infezioni respiratorie e aumentano la contagiosità. Senza una ricerca valida che ne dimostri l’utilità nella Covid-19, non andrebbero usati (almeno nella 1a fase).
Un importante modello immunologico di Covid-19, elaborato anche dal Direttore del Reparto di Immunologia dell’Istituto Superiore di Sanità, afferma che la malattia si sviluppa in caso di sbilanciamento tra la dose di esposizione virale e l’immunità innata (anticorpi naturali IgM, IgA… presenti, tra l’altro, nelle vie respiratorie superiori). Nei giovani un sistema immunitario integro di norma vince il confronto, e il virus (come altri possibili germi patogeni respiratori) resta confinato alle vie aeree superiori. Se però l’esposizione virale è molto alta e/o ripetuta, o se il sistema
immunitario è indebolito, come in anziani, fragili e malati cronici, il virus può penetrare nelle vie aeree inferiori e raggiungere gli alveoli polmonari, dove le difese innate sono carenti, e lì moltiplicarsi molto. Quando dopo 10-12 giorni arrivano gli anticorpi delle difese adattative (IgM ad alta affinità, IgG), anziché trovare pochi virus e finire il lavoro, ne trovano troppi nei polmoni, scatenano una violenta risposta infiammatoria, e la Covid-19 fa un salto di gravità.
Questo modello sembra accettato anche da AIFA, che lo rappresenta in una scheda terapeutica (sulle eparine): La scheda AIFA afferma: “Mentre le scelte terapeutiche della prima e seconda fase iniziale (IIA)
dovrebbero mirare al contenimento della crescita virale, nella seconda fase avanzata (IIB) e nella terza fase l’obiettivo dovrebbe essere il contenimento dell’iperinfiammazione e delle sue conseguenze”.
L’impiego diffuso precoce di alcuni farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) non sembra coerente con questo modello, dato che l’infiammazione è un importante mezzo di difesa verso le infezioni, ruolo assunto e mantenuto nel corso della storia evolutiva, e la sua soppressione nelle
fasi iniziali della gran parte delle infezioni è molto discutibile (in particolare se si tratta di infiammazioni di intensità lieve/moderata). C’è infatti il rischio di ostacolare il lavoro dell’organismo per combattere l’infezione con successo (il che fortunatamente avviene nella maggioranza dei casi).
Si sono sospettati di effetti avversi sulla COVID-19 vari FANS in genere e l’ibuprofene in particolare. Una rassegna francese ha discusso 11 ricerche osservazionali (4 di coorte prospettiche) sull’impatto dell’uso pre-ricovero di FANS, che si è associato ad aumento di gravi complicazioni pleuropolmonari, e a terapie antibiotiche e degenze più lunghe. Le ipotesi esplicative sono state ritardi nella diagnosi di polmonite per soppressione dell’infiammazione, o una depressione delle difese immunitarie deputate a contenere l’infezione. La rassegna ha concluso con una forte raccomandazione contro l’uso di FANS nelle infezioni respiratorie inferiori.* Il Ministro della Salute francese ha invitato i medici a non usarli in pazienti COVID-19.
Oltre alle immediate reazioni dei produttori, anche l’EMA il 18-3-20 ha dichiarato che non ci sono ad oggi prove di legami tra peggioramento della COVID-19 e ibuprofene, che si potrà continuare ad assumere secondo le indicazioni approvate, ma ricordando di aver avviato una revisione sulla
sicurezza di ibuprofene e ketoprofene dopo un’indagine dell’Agenzia Nazionale francese per la sicurezza di medicinali, che aveva segnalato peggioramenti in casi di varicella e di infezioni batteriche.
Un editoriale sul BMJ ha sostenuto invece che l’insieme delle prove rende plausibile un rischio aggiuntivo di alcuni FANS, e richiamato due ampi studi clinici randomizzati controllati (RCT) pragmatici, nel contesto delle cure primarie. Il primo ha randomizzato 889 pazienti con infezioni respiratorie al consiglio di assumere paracetamolo, ibuprofene o entrambi. Vi sono state
riconsultazioni con il medico curante a causa di sintomi nuovi o non risolti nel 12% dei pazienti del gruppo paracetamolo e nel 20% di quelli del gruppo ibuprofene (Rischio Relativo [RR] aggiustato 1,67; intervalli di confidenza al 95% 1,12-2,38). Il gruppo ibuprofene ha avuto 11 complicazioni: meningite, polmonite, tonsillite, 3 sinusiti, 3 otiti medie e progressione o non risoluzione di altre due.
Un secondo RCT su 3.044 pazienti afferenti alle cure primarie ne ha indirizzati metà a un sito web con consigli sull’autogestione di infezioni respiratorie, compreso il consiglio di usare FANS, mentre l’altra metà, curata come d’abitudine, costituiva il gruppo di controllo.
L’analisi multivariata ha mostrato che, tra chi ha sviluppato infezioni respiratorie, quelli con accesso al sito hanno avuto malattie più lunghe dei pazienti di controllo senza accesso, con più giorni di malattia con sintomi abbastanza gravi o peggio (differenza 0,52 giorni; 0,06-0,97). Quando
gli autori hanno escluso l’uso delle pagine web che consigliavano ibuprofene, l’effetto è risultato attenuato.
I due RCT supportano il fatto che certi FANS in infezioni respiratorie possano prolungare la malattia o dare complicazioni.§
Una criticità persino maggiore riguarda il paracetamolo (noto ai consumatori anche con i nomi commerciali di più costosi e diffusissimi prodotti di marca). Purtroppo le terapie ufficiali proposte per la Covid-19, che dichiarano di far riferimento alle prove scientifiche, esordiscono quasi sempre con l’indicazione di assumere paracetamolo in caso di febbre, anche di lieve entità. Non ci risultano però chiare prove a supporto di un uso diffuso di paracetamolo come analgesicoantipiretico nelle infezioni respiratorie. Al contrario, risulta che la febbre è uno dei più efficaci
mezzi di difesa contro le infezioni, che fa lavorare al meglio tutte le difese naturali. È verosimile che una risposta naturale preservata nella storia evolutiva già a partire dai pesci ossei, e da lì in su fino a uccelli, mammiferi ed esseri umani, abbia un ruolo cruciale per la sopravvivenza, dimostrato
in esperimenti pionieristici e supportato da più recenti RCT, fino al 2016 per quanto riguarda l’influenza. Vi è persino chi ha calcolato che la soppressione della febbre a livello di popolazione aumenterebbe del 5% casi e morti da influenza stagionale negli USA.
Non è questa la sede per una rassegna dell’eterogenea letteratura sulla febbre, ma in coerenza con il modello, malgrado la prassi diffusa ma non provata di “curarla” con paracetamolo, pare razionale non sopprimerla, almeno nei primi decisivi 10-15 giorni (NB: anche in fasi critiche più
avanzate la sua soppressione è controversa).
Il paracetamolo non migliora il decorso di comuni infezioni respiratorie: nel citato ampio RCT, il gruppo randomizzato al sito che consigliava paracetamolo/ibuprofene ha avuto esiti peggiori, che sono risultati solo attenuati (non rovesciati) in chi e stato indirizzato al paracetamolo: durata di malattia +0,22 giorni (da -0,51 a 0,95), con sintomi abbastanza gravi o peggio + 0,36 giorni (da – 0,08 a 0,80), benché il confronto fosse con un gruppo con “cure correnti”, che avrà a sua volta usato paracetamolo, sia pure in modo meno sistematico.
Un eccesso di paracetamolo (sostanza pro-ossidante) può anche consumare le riserve di glutatione, depauperando le difese antiossidanti dell’organismo proprio in circostanze in cui le cellule ne avrebbero molto bisogno.
Dunque, in attesa di più forti prove di diverso segno, le prove esistenti a noi note e il modello interpretativo citato in premessa suggeriscono di rispettare la febbre all’inizio di una COVID-19, a maggior ragione perché l’usatissimo paracetamolo sembra meno sicuro di quanto si pensi. Si è
persino ipotizzato che i pazienti Covid-19, di cui quasi metà presenta alterazioni epatiche al ricovero, risentano della tossicità per il fegato di farmaci antivirali, oppure dell’abuso dello stesso paracetamolo.
Riteniamo anche che – in attesa di RCT risolutivi – ci siano già elementi clinici e logici sufficienti per non incoraggiare neppure l’uso di comuni FANS, almeno nei primi 10-12 giorni dall’esordio della COVID-19 (e di altre infezioni respiratorie), decisivi secondo il modello per l’esito favorevole o
meno del decorso (benché sia giusto che la ricerca valuti l’uso di inibitori della COX-2, come dichiarato dal Presidente AIFA in una recente intervista).
Per la gestione del dolore, si ricorda che un modello alimentare salutare, come ad es. una dieta mediterranea basata soprattutto su cibi vegetali, aiuta anche a sopportare meglio il dolore,** oltre a essere molto raccomandabile per la salute in generale e per ridurre la gravità delle infezioni.
Naturalmente il medico non dovrebbe attendere la comparsa di un’infezione respiratoria acuta per raccomandare un appropriato modello alimentare mediterraneo, ma provvedere con prescrizioni e un counselling sistematico ad aumentare aderenza e persistenza a questa misura così importante per la salute. Essa infatti, oltre a offrire benefici nei confronti di condizioni dolorose, è un potente strumento preventivo e curativo di condizioni croniche (cardiovasculopatie, diabete, broncopneumopatie, ipertensione, obesità, stati infiammatori…) che sottendono, tra l’altro, la gravità di una Covid-19.***
Come cultori del metodo scientifico siamo comunque aperti al confronto basato sulle prove.
Inoltre ammettiamo che dare subito paracetamolo e/o comuni FANS potrebbe avere un razionale nel caso (ritenuto improbabile) che il Sars-CoV-2 fosse un virus ingegnerizzato: che non sia, cioè, solo più grave dell’influenza (com’è ben dimostrato), ma che si comporti anche in modo
completamente diverso dagli altri virus. Anche in questo caso, però, ci vorrebbero prove valide per sostenerlo.
Oggi per altro c’è l’occasione di realizzare un RCT a basso costo su centinaia o migliaia di pazienti con forme iniziali di Covid-19 (di solito lievi o moderate), confrontando il decorso con impiego di paracetamolo, di comuni FANS o aspirina a dosi antinfiammatorie (1 g al dì), o di un placebo (che si
può abbinare ad aspirina a dosi solo antipiastriniche di circa 80 mg al dì). Riteniamo che tale RCT andrebbe realizzato con finanziamenti pubblici, coinvolgendo ricercatori senza conflitti di interesse, in grado di garantire sia il livello metodologico, sia la credibilità dei risultati.
Si potrebbero così finalmente avere risposte serie sull’utilità di queste diffusissime pratiche cliniche, di interesse universale per tanti anni a venire, e forse ridurre tanti aggravamenti evitabili.
Quanto sopra deriva dalle nostre conoscenze della letteratura scientifica, sulla cui base chiediamo un confronto scientifico e istituzionale, ma non intendiamo né potremmo sostituirci ai curanti, che hanno la responsabilità e l’autonomia nei confronti degli assistiti che li hanno scelti.
Possiamo però dire ai medici, e agli assistiti che hanno a buon diritto a cuore la propria salute, quanto riscontriamo nella letteratura scientifica e, anche quando come in questo caso non vi siano prove definitive, possiamo formulare ipotesi ragionevoli e coerenti con le informazioni scientifiche esistenti, che possano fare da base su cui costruire cure personalizzate.

  • Un recente studio di coorte su registri nazionali danesi ha confrontato in 7.747 pazienti ricoverati per polmonite influenzale gli esiti in relazione a una prescrizione di FANS nei due mesi prima del ricovero. Gli esiti (con correzioni statistiche) sono stati: per ammissione in terapia intensiva: uso corrente di FANS RR 1,25 (0,96-1,63), uso incidente 1,40 (0,68-2,88), uso a lungo termine 1,90 (1,19-3,06). Per mortalità: rispettivamente 1,03 (0,66-1,60), 1,00 (0,26-3,80) e 1,43 (0,56-3,65). Date le differenze non significative per usi corrente e incidente gli autori hanno concluso che i dati non supportino forti raccomandazioni contro i FANS in caso di polmoniti virali (anche se confermano le complicazioni pleuropolmonari di polmoniti batteriche associate con recente uso di FANS: RR 3,67; 1,95-6,91).
    Gli autori tuttavia non mettono in chiaro da chi lo studio sia stato finanziato, e metà di loro, compresi i ricercatori principali, avevano relazioni finanziarie con produttori di FANS, elemento che di per sé si associa a risultati in media più favorevoli alle aspettative dei produttori.
    § Un recentissimo grande studio di coorte retrospettivo confronta nella popolazione inglese chi non ha usato FANS negli ultimi 3 anni con chi ne ha usati, o con soggetti con artrite reumatoide(AR)/artrosi. Il primo confronto mostra aumento di mortalità con FANS nei dati non aggiustati, che spariva con l’aggiustamento multivariabile; il secondo confronto mostra un’associazione protettiva con i FANS per pazienti con AR/artrosi. Gli autori ammettono che un eventuale fattore di confondimento non considerato, di forza moderata, potrebbe spiegare questa associazione, e che lo studio valuta usi di FANS precedenti, e “non un qualsiasi ruolo terapeutico dei FANS nella Covid-19”.
    Il risultato rassicura chi ha buoni motivi per assumere FANS in modo indipendente dalla Covid-19. È anche possibile che nell’AR il forte stato infiammatorio cronico senza finalità funzionali comprometta il ruolo difensivo dell’infiammazione nelle prime fasi di un’infezione; tenere a freno con FANS (o con lo stile di vita!) lo stato infiammatorio basale potrebbe risultare utile anche per restituire all’infiammazione un ruolo utile quando serve. Un altro studio osservazionale pare supportare questa ipotesi esplicativa: un uso cronico di FANS si associa a tendenza protettiva e un uso acuto di ibuprofene in corso di Covid-19 (Table 3) con tendenza sfavorevole per mortalità, ricoveri, supporto di ossigeno, gravità e uso di antibiotici.
    Infine una rassegna sistematica conclude: “Poiché non ci sono RCT sui FANS nella Covid-19, e casistiche ed esperienze cliniche indicano allungamenti di durata ed esacerbazione del decorso di pazienti con Covid-19, si raccomanda… di esser cauti sull’uso di FANS nel gestire la Covid-19, finché non ci siano prove sufficienti”.
    ** L’indicazione generale non esclude l’uso occasionale di un FANS (o paracetamolo) per gestire un dolore ritenuto non sopportabile, o per riportare a ≤39° C una febbre molto elevata fonte di sofferenza, da bilanciare con la consapevolezza che ciò potrebbe favorire la moltiplicazione virale.
    *** Ad avviso delle scriventi Associazioni, inoltre, una delle risposte strategiche alla Covid-19 consiste nel ripristino di un equilibrio di natura che renda lo spillover di nuovi virus meno probabile. L’enfasi su misure terapeutiche, peraltro con un rapporto benefici/danni non sempre favorevole, devia l’attenzione dalle misure di sostenibilità ambientale che possono essere strumento di prevenzione di questi e altri gravi problemi.
  • La Rete Sostenibilità e Salute
    Bologna, 9 febbraio 2021
    Fondazione Allineare Sanità e Salute
    Gruppo No Grazie
    Medicina Democratica ONLUS
    AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute
    Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
    LUMEN APS
    Psi. Co. Associazione
    Rete Euromediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
    Associazione Salute Pubblica
    Aderiscono inoltre a titolo personale anche:
    ➢ Patrizia Gentilini – Membro della Giunta Esecutiva ISDE (Medici per l’Ambiente)
    ➢ Giuseppe Miserotti – “ “ “ “ “ “ “ “
    ➢ Eduardo Missoni – Membro del Comitato Scientifico ISDE (Medici per l’Ambiente)
    ➢ Paola Zambon – “ “ “ “ “ “ “ “
    ➢ Daniele Agostini – Rappresentante di ISDE presso la Rete Sostenibilità e Salute
    Media relation Rete Sostenibilità e Salute
  • Email: rete@sostenibilitaesalute.org
  • Sito: www.sostenibilitaesalute.org
  • Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute


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Disponibile in FREE DOWNLOAD “UN NUOVO MO(N)DO PER FARE SALUTE” il libro della Rete Sostenibilità e Salute

Siamo lieti di annunciarvi che da oggi, un anno dopo la pubblicazione, è possibile scaricare il libro della Rete Sostenibilità e Salute “Un nuovo mo(n)do per fare salute”.

Il download è libero e gratuito presso il sito dell’editore CELID alla pagina

http://www.celid.it/scheda-libro?aaref=1298

Inoltre, per tutti gli operatori sanitari continua ad essere disponibile, come corso di formazione ECM-FAD, tramite la piattaforma Ebookecm.it

https://www.ebookecm.it/corsi-ecm-fad/un-nuovo-mon-do-di-fare-salute-260.html

Si tratta di un occasione unica per gli operatori sanitari per formarsi su tematiche cruciali quali i determinanti sociali di salute, Ia sosteniblità e i cambiamenti climatici, l’appropriatezza in medicina, il SSN, etc. acquisendo crediti ECM e al contempo sostenendo le attività della Rete Sostenbilità e Salute (a cui verrà fornito un contributo per ogni corso) ed aiutandoci così a costruire insieme passo dopo passo un Nuovo Mondo per Fare Salute

Come suggerisce il titolo, nel libro troverete riflessioni e spunti, teorici e pratici, per ripensare la salute e la cura all’interno di un più ampio ripensamento dell’attuale sistema socio-economico e culturale, insostenibile e patogeno.

I vari capitoli, a cura di autori e autrici afferenti alla Rete, affrontano gli snodi principali della “Carta di Bologna, il manifesto fondativo con cui la Rete è nata cinque anni fa.

La Rete Sostenibilità e Salute

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?

Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere, promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.

AsSIS – Associazione di studi e informazione sulla salute

Associazione Dedalo 97

Associazione Frantz Fanon

Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

Associazione per la Decrescita 

Associazione Salute Pubblica

Associazione Scientifica Andria

Centro Salute Internazionale-Università di Bologna

Federspecializzandi

Fondazione Allineare Sanità e Salute

Fondazione per la Salutogenesi ONLUS* 

Giù le Mani dai Bambini ONLUS

Lumen

Medicina Democratica ONLUS

Movimento per la Decrescita Felice

NoGrazie

Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca

People’s Health Movement 

Psi.Co.

Psichiatria Democratica

Rete Arte e Medicina

Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina

Saluteglobale.it

Segretariato Italiano Studenti in Medicina, SISM

Slow Food Italia

Slow Medicine

SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica

Sportello Ti Ascolto

Italia che cambia

Vivere sostenibile

Media relation Rete Sostenibilità e Salute

– Portavoce: Jean-Louis Aillon – rete@sostenibilitaesalute.org

– Sito: www.sostenibilitaesalute.org

– Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute

– Video: La rete Sostenibilità e Salute;  La Carta di Bologna (spot), Presentazione della Carta di Bologna




La posizione della Rete Sostenibilità e Salute sui nuovi vaccini antiCovid-19

I
governi europei e molti altri, a partire da quelli delle due maggiori
potenze mondiali USA e Cina, stanno investendo somme imponenti
nell’acquisto dei vaccini anti Covid-19 per attuare enormi campagne
di vaccinazione, con straordinario impiego di risorse finanziarie e
umane.

Praticamente
tutta la produzione di vaccini pianificata (2 miliardi di dosi nel
2021) è stata già acquistata dai Paesi più ricchi, dove vive meno
di un sesto della popolazione mondiale, e in quasi 70 Paesi a basso
reddito la maggior
parte della popolazione rischia di non poterne avere accesso
.

Questo percorso di ricerca e
sperimentazione senza precedenti aiuterà a contrastare la pandemia,
ma discuterne i limiti e ragionare sui presupposti scientifici e
operativi può aiutare una corretta gestione, istituzionale e nelle
azioni dei singoli. Un clima di fiducia e collaborazione sarà
possibile
se le istituzioni

baseranno le decisioni di salute pubblica su trasparenza,
assenza di conflitti
di interessi
,
vigilanza
post-vaccinale

capillare, efficace e attendibile, precedute da un’ampia
disponibilità al
confronto
anche con
chi esprime critiche e avanza proposte in modo scientificamente
motivato.

I
nuovi vaccini hanno/avranno un’autorizzazione al commercio in
procedura
d’emergenza
.
Lo hanno fatto la FDA (Food and Drug Administration) negli USA e
l’EMA (Agenzia europea per i medicinali) in Europa. Solo in seguito
vi sarà l’approvazione di EMA e FDA. Rispetto agli standard dei
vecchi vaccini, le sperimentazioni per i vaccini antiCovid-19 si sono
svolte con tempi molto brevi giustificati dall’urgenza e dalla
gravità della pandemia, dalle nuove tecnologie utilizzate e
dall’enorme erogazione di fondi pubblici.

L’EMA
ha ridotto di 10 volte i tempi generali di istruttoria per esprimere
un parere (delibera Ema/213341/2020), a partire dalla richiesta delle
case farmaceutiche di formale autorizzazione, e ha dato una
‘autorizzazione condizionata’ (regolamento CE 507/2006) per un
anno, consentita – non solo per i vaccini – anche se i dati
scientifici presentati sono incompleti, purché i produttori li
forniscano in seguito e si impegnino a una ‘farmaco vigilanza’.
L’EMA ha per altro criticato l’MHRA (Agenzia regolatoria del
Regno Unito) per la velocizzazione eccessiva della procedura
impiegata per autorizzare l’uso su larga scala del vaccino.

Ad
oggi, decine di candidati vaccini COVID-19 sono in fase di sviluppo
clinico e molti di più in sviluppo preclinico, a ritmi
senza precedenti
,
con alcuni che hanno iniziato gli studi di fase 3 entro 4 mesi
dall’inizio dello sviluppo del vaccino.

Gli
obiettivi di questi programmi vaccinali (ad esempio eradicazione,
eliminazione, contenimento della patologia) non sono ad oggi ben
definibili per le conoscenze
ancora incomplete delle caratteristiche di questo virus
.

Un
vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe tra l’altro impedirne la
trasmissione, ma non tutti gli studi hanno sinora valutato questo
aspetto, anche se la 1a
dose del vaccino Moderna pare riduca del 63% le infezioni
asintomatiche, e il vaccino di AstraZeneca/Oxford (se con 1a
dose bassa) le
ridurrebbe del 59%
.

Dunque
almeno alcuni dei vaccini ridurrebbero le infezioni asintomatiche, ma
senza evitarle, e una quota di vaccinati possono
continuare a trasmettere il virus

(come è dimostrato per altre infezioni, ad es.
nella pertosse
,
in cui il vaccino attenua o evita la malattia in chi lo fa, ma non
evita la colonizzazione e trasmissione
).
AIFA
ha ricordato

che “ancora non sappiamo in maniera definitiva se la vaccinazione
impedisce solo la manifestazione della malattia o anche il
trasmettersi dell’infezione” e inoltre “vi sarà sempre una
porzione di vaccinati che non svilupperà la difesa immunitaria”. A
oggi non si può dunque sostenere
che la vaccinazione produrrà immunità di gregge e, già per questo,
le proposte di renderla obbligatoria confliggerebbero con la sentenza
n. 258/94 della Corte Costituzionale che afferma, come primo
requisito per leggi sull’obbligo di vaccinazioni che ci sarebbe
compatibilità con l’art. 32 della Costituzione “se
il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo
stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo
stato di salute
degli
altri
”,
oltre che “… non
incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è
assoggettato”,
salvo
che per sole conseguenze temporanee e di scarsa entità. In tema di
effetti avversi, però, conosciamo solo alcuni
di quelli rari
,
e quelli a breve termine. Nello
studio di fase 2 per il vaccino Moderna
,
con soli 40 soggetti adulti e quindi precisione molto bassa, nei
primi 7 giorni gli eventi gravi
sistemici sono stati il 10% (con intervallo di confidenza
0,3%-44,5%), i gravi
locali il 6,7% (0,2%-31,9%), come
si legge nella Table S2
.
La sorveglianza attiva in atto per le prime somministrazioni nel
Regno Unito con il vaccino Pfizer riporta invece il 2,8% circa di
eventi gravi,
definiti da temporanea inabilità a svolgere le normali attività
giornaliere, a lavorare, con richiesta di assistenza da un medico od
operatore sanitario.

Le
conoscenze attuali, dunque, non soddisfano appieno due vincoli posti
dalla Corte Costituzionale.

Quand’anche
li soddisfacessero, resta che la somministrazione di un nuovo vaccino
alla popolazione è la cosiddetta fase 4 della sperimentazione,
legittima se soddisfa anche l’eticità,
il cui primo
formale requisito è la partecipazione volontaria

(senza forzature o penalità per chi non intendesse partecipare).
Bene fa dunque il Governo a non prevedere un obbligo vaccinale.

Un
vaccino contro il SARS-CoV-2 dovrebbe offrire protezione contro gravi
complicanze e decessi, non
facili da rilevare nelle coorti arruolate

negli studi (decine di migliaia di persone, ma per pochi mesi).

Gli
studi
randomizzati controllati

(RCT) sinora
presentati

indicano importanti riduzioni di malattia tra i vaccinati rispetto ai
gruppi di controllo, ma l’esito primario di efficacia è su casi di
Covid-19 di qualsiasi gravità, non sulla riduzione dei decessi
(anche se alcuni mostrano già una
significativa riduzione di ricoveri
).
La protezione da malattie gravi e mortalità si osserverà
soprattutto se i vaccini sono efficaci anche in anziani, con
patologie croniche o immunodepressi, gruppi con dati d’efficacia
ancora
carenti, e assenti quelli su adolescenti
e donne in gravidanza e allattamento
.
Non è scontato che i dati
di efficacia e sicurezza noti si estendano a tutta la popolazione.
Allo stato delle conoscenze è opportuna la scelta di iniziare con
vaccinazioni mirate alle categorie a maggior rischio di gravi
conseguenze in caso di malattia.

La
durata della protezione è oggi sconosciuta: sono previste due dosi
per il ciclo primario, ma non si sa se, quando, e con che frequenza
serviranno iniezioni di richiamo.

Le
mutazioni
di SARS-CoV-2 sembrano modeste
,
ma c’è allarme per una variante britannica, e la pressione
selettiva di una vaccinazione di massa potrebbe indurre mutazioni più
importanti e ridurre l’efficacia; è un problema da sottoporre a
stretto monitoraggio per eventuali modifiche dei vaccini.

Le
nostre richieste e proposte

  • Chiediamo
    al governo italiano di condurre il negoziato con le case
    farmaceutiche coinvolte nella ricerca e sviluppo dei vaccini con
    criteri di trasparenza nella selezione dei negoziatori, e chiediamo
    conto delle condizioni che l’Italia intende porre, a fronte delle
    erogazioni finanziarie già avvenute.

  • Chiediamo
    all’Italia di sostenere le proposte di paesi asiatici e africani
    all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) di sospendere i
    diritti di proprietà intellettuale (brevetti, dati clinici,
    procedure, tecnologie…) durante la pandemia. Ciò faciliterebbe
    l’accesso alle conoscenze per le comunità scientifiche e i
    potenziali produttori di generici nel mondo. La misura vale anche
    per prodotti farmaceutici e medicali efficaci per controllare il
    virus e tutelare le fasce di popolazione più esposte. Una deroga ai
    diritti di proprietà intellettuale (IP Waiver) è prevista dal
    Trattato di Marrakesh costitutivo dell’OMC, e oggi sostenuta da
    oltre 100 paesi, ma non da Commissione Europea, USA, Giappone e
    Australia. Un’iniziativa
    internazionale (ICE) in corso

    è sostenuta anche da firmatari di questo documento.

  • Data
    l’alta reattogenicità a breve termine dei nuovi vaccini e la
    possibilità di effetti avversi meno comuni o a lungo termine, sarà
    necessaria un’attenta e prolungata
    sorveglianza
    attiva
    di effetti sia attesi, sia sconosciuti. È noto che la sorveglianza
    passiva, anche nel primo mese, può rilevare effetti
    avversi centinaia di volte inferiori

    (anche
    nel caso di effetti classificati gravi

    in base all’algoritmo OMS). Comunque andrebbe sottolineato
    anche l’obbligo di segnalazione di sospette reazioni avverse ai
    nuovi vaccini da parte del personale sanitario.

Bene
ha fatto in proposito l’AIFA a istituire con eminenti personalità
un Comitato
scientifico per la sorveglianza dei vaccini Covid-19
.
Come pratica generale per simili Comitati, si chiede di rendere
pubbliche le dichiarazioni di esperti e osservatori in merito a
possibili conflitti di interessi.

  • Non
    prevedere vaccinazioni
    per chi ha già contratto Covid-19
    o comunque infezione documentata (anche asintomatica). Infezioni
    naturali e malattie infettive anche con altri patogeni conferiscono
    spesso protezioni prolungate, in genere più durature dei vaccini.
    Non sono solo legate al livello di anticorpi circolanti, che può
    decadere in mesi, ma alla memoria
    immunitaria nei linfociti
    ,
    risultata con Sars-CoV-2 ancora forte e stabile
    a 6-8 mesi da infezioni anche asintomatiche
    ,
    nel 90% dei casi. Su 1.460 ospedalieri lombardi ed emiliani già
    infettati nella 1a
    ondata, solo
    l’1,8% ha avuto reinfezioni nella 2a
    ,
    e in 2/3
    dei casi in forma asintomatica. Con altri coronavirus, come nella
    SARS, la protezione può durare molti anni e, nel caso
    dell’influenza spagnola, gli adolescenti sopravvissuti nel 1918
    avevano ancora
    protezione dopo i 90 anni
    .

Anche
per Sars-CoV-2 i casi descritti di reinfezione sono pochi e meno
frequenti delle infezioni verificatesi in 2 mesi nei vaccinati (la
protezione vaccinale dichiarata dai produttori non è assoluta: del
95% da Pfizer e Moderna, del 70% da AstraZeneca. Anche parte dei
vaccinati, dunque, si può presto reinfettare).

In
ogni caso, in attesa di elementi più sicuri, chi ha già contratto
la Covid-19 non è certo soggetto da vaccinare con priorità (quando
sarà il suo turno, potrà nel caso richiedere la vaccinazione).

  • Comunque
    non prevedere
    obblighi
    (né
    penalizzazioni), per i motivi già esposti: l’adesione a
    sperimentazioni, anche di popolazione, è comunque volontaria,
    previa informazione completa e indipendente da interessi
    commerciali
    .

Inoltre allo stato delle
conoscenze non è sostenibile un ‘dovere etico’ di proteggere gli
altri
, perché se
permane/residua un’ampia possibilità di
colonizzazione/trasmissione, come sembra dai dati attuali, non è
chiaro se il vaccinato che sopprime i suoi sintomi di Covid-19,
divenendo meno individuabile, sia meno (o più) rischioso per altri
rispetto a chi manifesta sintomi clinici. Pertanto, parlare in questo
caso di ‘immunità di gregge’ non avrebbe fondamento.

  • Ben
    venga dunque l’offerta gratuita di vaccini per
    protezione individuale
    di soggetti ad alto rischio, o anche a basso rischio che vogliano
    comunque riceverli. Va altrettanto civilmente rispettata la scelta
    di chi non intendesse riceverli, allo stato delle conoscenze o in
    generale.
  • A
    questo proposito, le
    Associazioni firmatarie di questo documento hanno deciso – presa
    atto della disponibilità di alcuni loro membri che allo stato
    attuale ritengono per i più diversi motivi di non vaccinarsi – di
    offrire un contributo all’avanzamento delle conoscenze
    scientifiche costituendo una coorte che parteciperà a un progetto
    dimostrativo (da
    strutturare), rendendo disponibili per un lungo follow-up i propri
    dati sanitari, in modo da consentire
    a un Comitato Scientifico indipendente di attuare confronti di esiti
    a lungo termine, se possibile con coorti di vaccinati appaiate per
    caratteristiche fondamentali. In base all’evoluzione delle
    conoscenze i partecipanti a tale progetto potranno comunque sempre
    decidere di uscire dal relativo monitoraggio e di vaccinarsi.
  • Infine, come sostenitori
    dell’approccio scientifico e della Medicina
    basata sulle Prove
    (EBM),
    segnaliamo l’occasione straordinaria di effettuare
    una ricerca
    randomizzata controllata (RCT
    )
    superando le obiezioni dei Comitati etici (che “non si potrebbe
    privare il gruppo di controllo dei benefici di un vaccino
    antiCovid-19…”), reclutando chi restasse comunque
    esitante
    dopo aver ricevuto informazioni esaurienti su vantaggi e svantaggi
    noti di queste vaccinazioni e sulle perduranti incertezze. Ci
    riferiamo a chi non sa proprio decidere se vaccinarsi o no,
    spontaneamente esita molto, ma non è contrario. A costoro, in
    Italia forse tra il 20% e il 30% della popolazione
    ,
    si potrebbe proporre di diventare una risorsa per la comunità,
    partecipando a una grande ricerca controllata pragmatica, con
    ricercatori indipendenti da conflitti di interessi, per far avanzare
    la scienza. Su milioni di esitanti, è possibile che varie migliaia
    accettino: alcuni grandi gruppi sarebbero randomizzati a ciascuno
    dei vaccini sul mercato, sapendo che lo ricevono; al gruppo di
    controllo non si dovrebbe fare nulla (dunque non
    un’iniezione “placebo”). Si avrebbero risposte sugli effetti
    comparativi (sia noti che oggi ignoti) a breve-medio termine, e per
    ogni gruppo si potrebbero registrare in modo attivo e a lungo
    termine malattie insorte o evitate, eventuali complicanze ed effetti
    benefici e avversi, durata della protezione, necessità di richiami…
    Alla fine si potrebbe tracciare un bilancio serio, individuando le
    alternative migliori, di interesse universale per tanti anni a
    venire.

Questa Rete, con propri rappresentanti, è a disposizione per approfondire quanto sopra accennato, in particolare negli ultimi due punti, con la Direzione Generale e Presidenza AIFA, oltre che con istituzioni scientifiche nazionali (ISS, CSS e/o CTS).

La Rete Sostenibilità e Salute

  1. AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute
  2. Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI) – APS
  3. Giù le Mani dai Bambini ONLUS
  4. Fondazione Allineare Sanità e Salute
  5. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
  6. LUMEN APS
  7. Medicina Democratica ONLUS
  8. Movimento per la Decrescita Felice
  9. No Grazie
  10. Psi. Co.
  11. Saluteglobale.it
  12. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
  13. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia sociale

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COMUNICATO STAMPA DEL 25 NOVEMBRE 2020 – Vaccinazione antinfluenzale e Covid-19: servono studi randomizzati controllati



La Rete
Sostenibilità e Salute ha discusso l’articolo (1), comparso il
20-10-2020 su MD Digital, che ha
valutato criticamente alcune ricerche con disegno detto ecologico, ampiamente rilanciate dai media, che hanno trovato
correlazioni inverse, o al contrario dirette, tra coperture vaccinali
antinfluenzali e diffusione e gravità della Covid-19. Purtroppo tali ricerche
hanno in comune forti punti di debolezza, legati al disegno di studio di validità
molto bassa, alla scarsa accuratezza e completezza dei dati di base utilizzati,
e ad altri problemi ancora, che l’articolo (1) segnala come
contributo alla crescita di un’attitudine alla valutazione critica delle
pubblicazioni scientifiche.

L’articolo conclude per altro con
un’importante proposta. Se si desidera
davvero comprendere tutti gli effetti della vaccinazione antinfluenzale,
inclusa una sua potenziale associazione, protettiva o no, con la Covid-19, ci
sarebbero soluzioni: dove possibile, attuare ricerche osservazionali con il
disegno più valido di regressione discontinua, come avvenuto in Inghilterra e
Galles (2), per stimare l’effetto
netto medio
di tale vaccinazione su una popolazione indiscriminata (nel
caso specifico, di anziani di età intorno ai 65 anni). Oppure effettuare
ricerche randomizzate controllate (RCT), il disegno di studio ideale, con
massimo grado di validità.
Avremmo oggi un’importante occasione per fare un RCT superando possibili
obiezioni dei Comitati etici: rivolgersi ai tanti esitanti, cioè a coloro che – dopo un’informazione bilanciata
ed esaustiva – non sanno comunque decidere se sottoporsi o no alla vaccinazione
antinfluenzale (cioè chi spontaneamente non sa risolversi a effettuarla, ma non
è comunque contrario…). A costoro si potrebbe proporre di partecipare a una
grande ricerca controllata pragmatica (3), per far avanzare la
scienza. Su milioni di esitanti in
Italia, è verosimile che decine di migliaia accetterebbero: un grande gruppo
potrebbe essere randomizzato al vaccino antinfluenzale, sapendo che lo riceve,
al gruppo di controllo randomizzato non si dovrebbe fare nulla (dunque non
un’iniezione “placebo”, per eliminare effetti avversi locali o effetti “nocebo”
comunque possibili in disegni in cieco). Le risposte su eventuali effetti sulla
Covid-19 si avrebbero in pochi mesi. Per entrambi i gruppi si potrebbero
inoltre registrare in modo attivo e a lungo malattie evitate o insorte,
eventuali effetti benefici e/o avversi, e alla fine si potrebbe tracciare un
bilancio serio di questa importante misura di sanità pubblica, di interesse
universale per tanti anni a venire.

La Rete Sostenibilità e Salute ritiene la proposta
sopra descritta di grande interesse, e intende rilanciarla a livello
scientifico e istituzionale, auspicando che sia raccolta e finanziata dalle
Autorità sanitarie nazionali e da Centri di ricerca indipendenti da interessi
commerciali, coinvolgendo ricercatori senza conflitti di interesse, in grado di
garantire il livello metodologico e la credibilità dei risultati.

(1) Donzelli A, Cattaneo A. Vaccino
antinfluenzale e Covid-19: servono studi randomizzati controllati
. MD
Digital, 20 ottobre 2020.

(2) Anderson ML, et
al. The Effect of Influenza Vaccination for the Elderly on Hospitalization and
Mortality: An Observational Study With a Regression Discontinuity Design. Ann
Intern Med 2020; 172(7): 445-452. doi: 10.7326/M19-3075. Epub 2020 Mar 3. PMID:
32120383.

(3) Donzelli A,
Schivalocchi A, Giudicatti G. Non-specific effects of vaccinations in
high-income settings: How to address the issue?, Human Vaccines &
Immunotherapeutics 2018; 14:12, 2904-2910, DOI: 10.1080/21645515.2018.1502520.

La Rete Sostenibilità e Salute

Fondazione Allineare Sanità e
Salute

No Grazie

AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute

Associazione
Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

Associazione
per la Decrescita 

Centro di Salute
Internazionale e Interculturale (CSI) – APS

Giù le Mani dai Bambini ONLUS

Federspecializzandi

Fondazione per la Salutogenesi ONLUS

Italia Che Cambia

LUMEN APS

Medicina Democratica ONLUS

Movimento per la Decrescita Felice

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People’s
Health Movement 

Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina

Slow Medicine

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Società Italiana di Medicina Psicosomatica

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COMUNICATO STAMPA DEL 26 OTTOBRE 2020 La posizione della Rete Sostenibilità e Salute sulla radiazione di medici per reati di opinione

Perché
questo non succeda di nuovo

«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi
vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano
fastidiosi.

Poi
vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non
ero comunista.

Un
giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a
protestare»

Martin
Niemöller (1892-1984)

In
questi giorni alcuni medici sono in attesa del verdetto della CCEPS,
Commissione Centrale Esercenti Professioni Sanitarie, di conferma o
rigetto della loro radiazione pronunciata in seguito all’espressione
di opinioni critiche sull’obbligo vaccinale e le modalità di
somministrazione dei vaccini.

Secondo
l’articolo 41 del D.P.R. 221/1950 la radiazione è pronunciata
contro l’iscritto che con la sua condotta abbia compromesso
gravemente la sua reputazione e la dignità della classe sanitaria.
L’articolo 42 correla la radiazione obbligatoriamente solo a
condotte aventi rilevanza penale o assimilabili, secondo il canone di
proporzionalità tra fatto e sanzione. Essendo i fatti addebitati
privi di rilevanza penale, sotto il profilo oggettivo, perché privi
di offensività, non risultando che tali sanitari abbiano causato
danni personali alla salute degli assistiti, applicare tale sanzione
nei loro confronti non appare coerente con i principi di
proporzionalità e di ragionevolezza, tanto più che identico
provvedimento non è stato adottato in casi puniti dalla giustizia
penale con sentenze di ergastolo, o per reati di corruzione e
concussione.

La
radiazione di medici per reato di opinione pone un interrogativo
decisivo: se sia lecito oppure no, per un medico, esprimere le
proprie opinioni, quali esse siano. L’accusa è di aver espresso un
pensiero che avrebbe provocato nella popolazione l’idea
dell’inutilità e dei rischi dei vaccini, con conseguente riduzione
della copertura vaccinale e un potenziale danno alla salute
individuale e collettiva. Anche se manca la verifica dei risultati
concreti di tali comportamenti, l’articolo 21 della Costituzione
afferma che “tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione”. La
manifestazione del pensiero, in quanto espressione di libertà, è
dunque attività lecita per tutti, anche per i medici e non può
essere compressa da fonti inferiori a quelle costituzionali. Tale
libertà e tale diritto appartengono indistintamente ad ogni
soggetto, indipendentemente dalla qualifica che lo stesso abbia,
anche se appartenente all’Ordine dei medici.

L’articolo
33 della Costituzione afferma che “l’arte e la scienza sono
libere e libero ne è l’insegnamento”. Non può dunque esserci un
vincolo a una scienza unica e di Stato e dell’ordine di
appartenenza. La scienza ha pure i suoi criteri e perfino una sua
verità, ma essa e gli scienziati agiscono all’interno di sistemi
sociali, culturali ed economici che ne condizionano priorità,
orientamenti e risultati e di cui è importante essere consapevoli.

La
storia inoltre mostra che tale verità
è spesso soggetta a mutamenti, ripensamenti e non è detto che
permanga immutabile quella proclamata oggi, soprattutto se nuove e
più forti prove mettono in discussione e portano a modificare alcune
conclusioni, o persino paradigmi correnti. Ma ciò diventa
impossibile se, anziché affidarsi alla forza delle prove per
respingere argomentazioni che risultino infondate, si reprime il
libero confronto con strumenti sanzionatori non solo estranei al
dibattito scientifico, ma intimidatori nei confronti di un’intera
categoria.

L’indipendenza
e l’autonomia dei medici sono beni preziosi da preservare, in un
ambiente antidogmatico, favorevole al libero dibattito scientifico,
trasparente e il più possibile esente da conflitti d’interessi.
Nessun ricercatore e nessun operatore sanitario dovrebbe essere messo
in condizione di aver timore di esporre i propri convincimenti su
temi attinenti alla medicina e alla pratica medica, fermo restando
che le pratiche da raccomandare sono quelle che in un contesto
scientifico in continuo divenire si avvalgono delle migliori prove di
efficacia al momento disponibili e sicurezza nel tempo.

Il
fenomeno mondiale Covid-19, che ha consentito un aperto dibattito
internazionale sulle esperienze cliniche in continuo divenire,
indispensabile alla condivisione e revisione di approcci che evolvono
in tempo reale, sta mostrando la fecondità di un confronto senza
pregiudizi sull’efficacia e la sicurezza della pratica medica,
anche fra posizioni contrapposte.

L’altra
accusa mossa ai medici è stata di aver presentato al pubblico
posizioni critiche, anziché limitarle a un contesto scientifico o
istituzionale. Si comprende il richiamo all’opportunità di
mantenere tale condotta e il suo razionale, ma gli spazi per
dibattere in ambito scientifico e istituzionale devono essere
effettivamente garantiti. È altrettanto indispensabile che, sempre
nel pieno rispetto delle regole del confronto scientifico, anche
posizioni oggi di minoranza siano consentite, senza far oggetto il
dissenso di discredito, censure e sanzioni, come sta invece purtroppo
accadendo.

Chiediamo
dunque in conclusione che, all’interno degli idonei contesti medici
e istituzionali, sia garantita in modo effettivo la possibilità di
un libero e aperto confronto (oggi di fatto fortemente inibito) tra
professionisti che condividono il metodo scientifico e possano
pertanto discutere in modo documentato di importanti temi di salute,
senza censure né divieti pregiudiziali, né tanto meno correndo il
rischio di radiazione.

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Mascherine obbligatorie all’aperto? Non ci sono i presupposti scientifici

Pubblichiamo un documento inviatoci dal dott. Alberto Donzelli, relativo all’utilizzo obbligatorio delle mascherine all’ aperto, che pone alcuni argomenti di dibattito.

Apprendiamo
con sconcerto che il prossimo DPCM potrebbe disporre l’obbligo di
uso continuativo di mascherine anche all’aperto. La decisione ha
subito un’accelerazione in pochi giorni, senza che la situazione
epidemiologica nazionale lo giustifichi e senza che sul tema si sia
sviluppato un serio dibattito scientifico, basato sulle prove oggi
disponibili.

La
posizione del Governo italiano (ispirata alle indicazioni OMS) è
stata sinora ragionevole: obbligo di protezioni delle vie
respiratorie, anche lavabili,
in luoghi chiusi accessibili al pubblico compresi i mezzi di
trasporto, e comunque quando non si possa garantire il mantenimento
della distanza di sicurezza. In proposito l’OMS precisa utilmente
“per un periodo consistente”, poiché l’avvicinamento fugace
all’aperto di un soggetto anche infetto non configura rischi
particolari. [NB:
autorità politiche e sanitarie indicano in genere il tempo di ~15’
perché il rischio di trasmissione da “contatto stretto” abbia
ragionevoli possibilità di concretizzarsi, e l’app Immuni è
impostata per segnalare un rischio di contagio in base a questa
tempistica].

Riteniamo
che tale posizione andrebbe mantenuta e fatta rispettare, senza
forzature, nell’interesse della salute e della credibilità delle
istituzioni, oltre al messaggio di non soffermarsi oltre al
necessario in luoghi chiusi frequentati e poco ventilati.

Purtroppo
l’assenza di dibattito scientifico sul tema ha portato a vivere le
mascherine in modo unilaterale come “un
piccolo discomfort per ottenere grandi benefici individuali e
collettivi
”.
Invece le prove disponibili mostrano che sono un
compromesso

anche per la salute, da spingere solo fin dove sia chiaro che i
benefici sanitari prevalgono sui danni.

Oltre
agli effetti protettivi delle
maschere, indiscutibili in
condizioni di alto rischio, l’OMS
indica 11 potenziali danni
o svantaggi
delle
maschere, ma non segnala quello che può essere il maggiore, a carico
di infetti da SARS-CoV-2 non di rado inconsapevoli, perché a-/pre-
o pauci-sintomatici (v.
https://www.bmj.com/content/bmj/369/bmj.m2003.full.pdf;
e
https://repo.epiprev.it/index.php/download/mascherine-chirurgiche-in-comunita-allaperto-prove-di-efficacia-e-sicurezza-inadeguate/).
Infatti la
resistenza all’espirazione di una maschera tenuta a lungo aumenta
la ri-inalazione dei propri virus, in un circolo vizioso che aumenta
la carica, che può così raggiungere gli alveoli, dove le difese
immunitarie innate sono carenti. Lì il virus si può moltiplicare
molto e quando, a 10-12 giorni dall’infezione, arrivano gli
anticorpi delle difese adattative, trovando grandi quantità di virus
scatenano una violenta infiammazione e possono aggravare la Covid-19.

Le
revisioni sistematiche hanno finora identificato un solo RCT
sull’efficacia delle maschere (soprattutto) all’aperto nel
prevenire infezioni respiratorie, in pellegrini Australiani alla
Mecca, e il bilancio netto per i gruppi randomizzati a indossarle è
stato in tendenza sfavorevole. In attesa prove ulteriori, una
corretta applicazione del principio di precauzione dovrebbe
sconsigliare di norma l’uso di mascherine all’aperto, salvo per
brevi periodi dove sia inevitabile restare a meno di un metro da
altri per tempi non trascurabili.

Si
chiede dunque di evitare obblighi non supportati da prove
scientifiche né da un ragionamento bilanciato, auspicando
invece l’apertura di un ampio dibattito che consideri le migliori
prove oggi disponibili e programmi le ulteriori ricerche necessarie.

Ciò
non mette in discussione l’opportunità di mantenere le distanze
fisiche (e l’igiene delle mani), e di non derogare a questa regola
chiave per periodi consistenti.

In
generale le misure di sanità pubblica, ancor più se vincolanti,
andrebbero precedute da ricerche valide (studi randomizzati
controllati pragmatici, o studi con disegni assimilabili)
indipendenti, che stabiliscano un equilibrato bilancio netto tra
benefici attesi e possibili danni.

  • Alberto
    Donzelli, Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva e
    Scienza dell’Alimentazione, già Direttore Servizio Educazione
    Appropriatezza ed EBM ex ASL Milano – Consiglio Direttivo e
    Comitato Scientifico Fondazione Allineare
    Sanità e Salute
  • Donato
    Greco, Medico specialista in Malattie Infettive e Tropicali, Igiene
    e Medicina Preventiva e Statistica
    Sanitaria, già Direttore Centro
    Nazionale Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute
    Istituto Superiore di Sanità e poi Direttore Generale Prevenzione
    Sanitaria Ministero Salute
  • Adriano
    Cattaneo, Medico Epidemiologo, già Ricerca su Servizi Sanitari e
    Salute Internazionale, Centro Collaboratore OMS per Salute Materno
    Infantile, Istituto per l’Infanzia, Trieste – membro Gruppo di
    Coordinamento NoGrazie
  • Fiorella
    Belpoggi – Direttrice Scientifica –Istituto Ramazzini –
    Bologna
  • Paola
    Zambon, Medico specialista in Medicina del Lavoro e in Allergologia,
    già Direttore Registro Tumori Veneto, ricercatore senior Università
    Padova, membro del Comitato Scientifico ISDE Italia
  • Antonio
    Bonaldi, Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, già
    Direttore sanitario di Aziende Ospedaliere/Universitarie (Verona,
    ICP Milano, Monza, Bergamo)
  • Monica
    Sutti, Medico di Medicina Generale, specialista in Medicina Interna,
    Presidente della Fondazione Allineare
    Sanità e Salute



COMUNICATO STAMPA DEL 21 SETTEMBRE 2020: La vaccinazione antinfluenzale estesa alla popolazione e resa obbligatoria può risultare più dannosa che utile?

Come
sottoscritte Associazioni aderenti alla Rete Sostenibilità e Salute
(RSS), in un comunicato del 16 giugno c.a. destinato
in
modo esclusivo a stampa medica e a contesti istituzionali,1in
seguito alla disamina dell’articolo
“Vaccinazione
antinfluenzale: che cosa dicono le prove scientifiche. Vaccinare in
modo indiscriminato anziani, gravide, bambini e sanitari può
risultare più dannoso che utile?
”,
2
avevamo
espresso motivate preoccupazioni rispetto alla Circolare del
Ministero della Salute che estende la raccomandazione a
vaccinare contro l’influenza bambini, donne in gravidanza,
personale sanitario e anziani, e rispetto a ordinanze regionali che
prevedono addirittura obblighi.

Nel
richiedere una moratoria sull’estensione di tale vaccinazione,
sollecitavamo un confronto approfondito in sedi scientifiche e
istituzionali dedicate, a livello nazionale e regionale, senza
chiusure pregiudiziali.

Purtroppo
tale confronto non c’è stato, e risulta che alcune forze stiano
persino chiedendo di istituire un obbligo nazionale.

Tuttavia
la recente sentenza del TAR della Regione Calabria, nell’annullare
l’ordinanza regionale che disponeva obblighi, rimanda a
un’eventuale “legislazione generale dello stato, basata
sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale…”.
Ribadiamo in proposito che non ci sono “indirizzi condivisi”
dalla comunità scientifica nazionale, di cui siamo parte,
sull’opportunità di estendere la vaccinazione antinfluenzale a
tutti gli anziani e a intere categorie, e men che meno sull’obbligo
della stessa.

Rinnoviamo
pertanto la richiesta di evitare ulteriori forzature e di accettare
un confronto
scientifico
sul tema, su cui chiediamo di essere ascoltati dal Ministro della
Salute e dagli organi competenti.

.

La
Rete Sostenibilità e Salute

Fondazione
Allineare
Sanità e Salute

No
Grazie

AsSIS
– Associazione di Studi e Informazione sulla Salute

Centro
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CS
16 giugno 2020 La
vaccinazione antinfluenzale estesa alla popolazione e resa
obbligatoria può risultare più dannosa che utile?”

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La RSS richiede una moratoria sull’estensione della vaccinazione antinfluenzale (e sugli obblighi disposti da alcune Regioni)

Comunicato stampa del 3 settembre 2020

Il Comunicato del 16 giugno 2020, che la Rete Sostenibilità e Salute ha responsabilmente rivolto alla sola stampa medica o a livello istituzionale, concludeva invitando “professionisti della salute, decisori politici, amministratori sanitari e giornalisti scientifici a leggere e a valutare con attenzione l’articolo” che “discute l’entità dei benefici attesi e dei possibili rischi di un’estensione della vaccinazione antinfluenzale alla luce delle prove disponibili su efficacia e sicurezza, sollecitando in merito un dibattito scientifico aperto e non ideologico”.

A distanza di oltre due mesi, e nonostante ripetute sollecitazioni nei confronti dei vertici del Ministero della Salute e dell’ISS, non c’è stato alcun riscontro, né tanto meno l’apertura dell’auspicato confronto scientifico.

In conseguenza di ciò la Rete Sostenibilità e Salute ribadisce la richiesta di portare avanti un confronto approfondito sul tema nelle sedi scientifiche e istituzionali dedicate” e, nel frattempo, avanza “la richiesta di una moratoria sull’estensione della vaccinazione antinfluenzale (e sugli obblighi disposti da alcune Regioni) ad ampie fasce di età e a vaste categorie di cittadini, in attesa di avere prove più chiare da ricerche con disegni di alta validità, indipendenti da sponsor commerciali e condotte da ricercatori senza relazioni finanziarie con i produttori”.

La Rete Sostenibilità e Salute