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La vaccinazione antinfluenzale estesa alla popolazione e resa obbligatoria può risultare più dannosa che utile? – COMUNICATO STAMPA DEL 16 GIUGNO 2020

Le
sottoscritte Associazioni aderenti alla Rete Sostenibilità e Salute (RSS) esprimono preoccupazione
rispetto alla proposta del Ministero della Salute che estende la
raccomandazione a vaccinare contro l’influenza bambini, donne in gravidanza,
personale sanitario e anziani, e rispetto alle ordinanze regionali che
prevedono addirittura obblighi.

La
preoccupazione fa seguito anche alla disamina dell’articolo

Vaccinazione
antinfluenzale: che cosa dicono le prove scientifiche. Vaccinare in modo
indiscriminato anziani, gravide, bambini e sanitari può risultare più dannoso
che utile?
”, [1]

redatto da
alcuni esponenti della RSS con il contributo di altri esperti.

Le
Associazioni aderenti alla RSS:

  • ritengono
    che la spinta a estendere la vaccinazione antinfluenzale e/o a renderla
    obbligatoria sia oggi basata su prove insufficienti e discutibili, e che le prove più valide nel complesso non
    presentino un rapporto rischi/benefici favorevole;
  • avanzano la richiesta di una moratoria
    sull’estensione della vaccinazione antinfluenzale (e sugli obblighi disposti da alcune Regioni) ad
    ampie fasce di età e a vaste categorie di cittadini, in attesa di avere prove
    più chiare da ricerche con disegni di alta validità, indipendenti da sponsor
    commerciali e condotte da ricercatori senza
    relazioni finanziarie con i produttori;
  • chiedono
    che la politica si impegni ad assicurare un ambiente antidogmatico favorevole a
    un dibattito scientifico libero, non basato sul “principio di autorità” ma
    sulle migliori prove ad oggi disponibili, trasparente, esente da conflitti
    d’interessi;
  • sollecitano un confronto approfondito nelle sedi
    scientifiche e istituzionali dedicate, a livello nazionale e regionale, senza
    chiusure pregiudiziali;
  • e auspicano che, nel frattempo, la vaccinazione
    antinfluenzale sia offerta in modo gratuito a categorie a rischio e quando liberamente richiesta,
    purché tutti siano informati in modo completo ed
    equilibrato delle incertezze scientifiche esistenti e sulla reale entità dei
    benefici attesi e dei possibili rischi, per consentire un vero consenso
    informato, principio cardine per qualsiasi intervento sanitario.

L’analisi
riportata nell’articolo sopra indicato è tecnica, con costanti riferimenti a
prove scientifiche, ma la lettura è resa più facile dalla struttura per domande
chiave e risposte. L’articolo discute
l’entità dei benefici attesi e dei possibili rischi
di un’estensione della vaccinazione
antinfluenzale alla luce delle prove disponibili su efficacia e sicurezza,
sollecitando in merito un dibattito scientifico aperto e non ideologico.

Le sottoscritte Associazioni invitano professionisti
della salute, decisori politici, amministratori sanitari e giornalisti
scientifici a leggere e a valutare con attenzione l’articolo
, al link riportato.1

La Rete Sostenibilità e
Salute

  1. Fondazione Allineare Sanità e Salute
  2. AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute
  3. Centro di Salute Internazionale e Interculturale (CSI) – APS
  4. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
  5. Giù le Mani dai Bambini ONLUS
  6. Medicina Democratica ONLUS
  7. Movimento per la Decrescita Felice
  8. No Grazie
  9. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
  10. Saluteglobale.it 
  11. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia Sociale

Media relation Rete Sostenibilità e Salute

– Email: rete@sostenibilitaesalute.org

– Sito: www.sostenibilitaesalute.org

– Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute


[1] https://fioritieditore.com/salute-e-istituzioni/ 




Iniziamo a ragionare su esercizio fisico, attività all’aperto e coronavirus

COMUNICATO STAMPA DEL  16 APRILE 2020

Iniziamo a ragionare su
esercizio fisico, attività all’aperto e coronavirus

Stiamo attraversando una crisi molto
grave. Lo stato italiano ha reagito a questa emergenza mettendo gradualmente in
moto misure di contenimento che sembrano iniziare a dare frutti. Riteniamo oggi
utile aprire una discussione su alcune misure (divieto o limitazione
dell’esercizio fisico all’aperto e chiusura dei parchi), assunte nel clima generale
di insicurezza e paura. Questo documento non propone un allentamento delle
misure valide di contenimento, ma al contrario un aumento netto di protezione della comunità.

Vi sono, infatti, fortissime prove
scientifiche che l’attività motoria dà benefici per la salute (inclusa la
salute mentale) e nella prevenzione della mortalità generale e da malattie
infettive (si veda l’allegato: Pillola
di educazione sanitaria 147/2020). Non si tratta solo dell’esercizio fisico
(jogging, bicicletta, etc.), ma anche di una camminata più o meno veloce di
mezz’ora al giorno, alla portata di quasi tutti gli anziani. La ricerca scientifica
indica inoltre che anche trascorrere tempo all’aperto nella natura dà importanti
benefici per la salute. 

Le proposte della Rete Sostenibilità e Salute

– Ferma restando la forte
raccomandazione di svolgere anche attività motoria a casa, si può cominciare a
discutere se riaprire i parchi e
permettere in tutta Italia, nel rispetto delle distanze di sicurezza, di
svolgere attività motoria all’aperto
(per ciò si intende anche una
passeggiata, per i bambini il giocare all’aperto con i soli membri del proprio
nucleo famigliare, coltivare un orto, etc.). Volendo essere più cauti, si
potrebbe all’inizio adottare il modello francese, che permette “passeggiate e
attività fisica, purché da soli o con il proprio nucleo familiare, per un’ora
al giorno, nel raggio di un chilometro
dall’abitazione”. Ciò eviterebbe anche l’affollamento che si potrebbe
verificare in alcune aree verdi. Per chi fa jogging, a qualunque età, le
distanze di sicurezza potrebbero aumentare: rispetto a #iorestoacasa, un hashtag più mirato potrebbe essere #iostoatremetri, aggiungendo il
consiglio di non fare jogging nella scia di altri.

– Dovrebbe passare il messaggio che
chi fa attività motoria non va guardato con riprovazione. Al contrario, si
tratta di persone che attuano comportamenti meritori, tutelando la salute
propria, proteggendosi meglio anche dalle infezioni, e alleggerendo il carico
assistenziale per la società: così le risorse sanitarie potranno essere meglio
riservate a chi ne ha più bisogno.

– La tutela della salute e un
efficace contenimento dell’epidemia non si possono attuare con decisioni
autoritarie poco trasparenti, ma
attraverso l’empowerment delle persone
: la possibilità per i cittadini di
fare scelte informate, partecipate, attraverso strumenti chiari, coordinati e
condivisi. Una gestione trasparente dell’emergenza faciliterebbe l’adesione
alle regole necessarie al contenimento dell’epidemia.

La Rete Sostenibilità e
Salute

1.     Fondazione Allineare Sanità e
Salute

2.     Associazione Frantz Fanon

3.     Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

4.     Associazione per la Decrescita

5.     Associazione Scientifica Andria

6.    
Centro di Salute
Internazionale e Interculturale (CSI) – APS

7.     Fondazione per la Salutogenesi ONLUS

8.     Giù le Mani dai Bambini ONLUS

9.     Medicina Democratica ONLUS

10.  Movimento per la Decrescita Felice

11.  Rete
Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina

12.  Slow Medicine

13.  SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica

14.  Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia sociale

15.  Italia che cambia

Le seguenti associazioni hanno sottoscritto il documento:

Medicina di segnale

Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo

Movimento per la Decrescita Felice
Rossana Garofalo
approdi odv
Terra Nuova Edizioni
ISBEM, Impresa Sociale Non Profit, Scarl
FIAMO, Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati

UPPA
CENTRO STUDI EVA REICH
Associazione Leib – il corpo che resiste
CCM Comitato Collaborazione Medica

Media relation Rete Sostenibilità e
Salute

– Email: rete@sostenibilitaesalute.org

– Sito: www.sostenibilitaesalute.org

– Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute

– Video: La
rete Sostenibilità e Salute
La
Carta di Bologna
(spot), Presentazione
della Carta di Bologna

Adesioni

Se altre realtà associative intendessero sottoscrivere questo documento, potranno farlo circolare sui propri canali e al contempo segnalarci la loro adesione compilando il seguente form. Provvederemo a segnalare le relative adesioni sul nostro sito internet.


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https://www.sostenibilitaesalute.org/wp-content/uploads/2020/04/Iniziamo-a-ragionare-su-esercizio-fisico-attività-all’aperto-e-coronavirus.-Rete-Sostenibilità-e-Salute.pdf

https://www.sostenibilitaesalute.org/wp-content/uploads/2020/04/Pillola-ES-attività-fisica-n.-147_2020.pdf




7 aprile 2020 – Investire in salute, oggi e domani

In occasione del prossimo 7 aprile, la Rete Europea contro la Commercializzazione della Salute (http://europe-health-network.net) ha predisposto questo comunicato stampa che sarà reso disponibile a tutti i media del nostro continente.
Troverete questo comunicato in varie lingue a questa pagina:http://europe-health-network.net/spip.php?article276

30.03.2020 – Investire in salute, oggi e domani

La diffusione della pandemia del coronavirus mette in evidenza i problemi creati dalle politiche di sottofinanziamento, della privatizzazione e della mercificazione all’interno dei sistemi sanitari.

Questa crisi, imprevista ma non imprevedibile, è stata soprattutto determinata dalle misure di austerità imposte dalle politiche dell’Unione Europea, attraverso raccomandazioni avendo come oggetto solo il rispetto dei parametri di bilancio.

I governi nazionali hanno effettuato una riduzione della spesa pubblica, in particolare nel campo della protezione sociale e della salute. Questo approccio ha favorito il mercato e ha portato a una stratificazione della qualità delle cure: Oggi, ci sono notevoli diseguaglianze nell’ accesso alle cure sanitarie, legate alle condizioni socio-economiche delle persone.

Queste scelte hanno portato alla drastica riduzione del numero di posti letto disponibili negli ospedali in molti paesi e alla riduzione del personale, ad una maggiore precarietà dello stesso ,tutto ciò per arrivare a ridurre i costi della sanità.

L’assistenza sanitaria è diventata sempre più privatizzata. Le politiche nel campo della salute si sono concentrate quasi esclusivamente sul numero crescente di prestazioni senza tener conto della loro efficacia e senza capire i veri bisogni delle popolazioni. Il volume di attività molto elevato rappresenta una fonte di guadagni e di rimborsi per le strutture private e accreditate, ma non rispetta quello che dovrebbe essere un sistema basato sui bisogni e sui diritti. Vengono stimati i costi presunti per ciascuna patologia indipendentemente dalle reali esigenze di cura dei pazienti.

Di fronte a una situazione di emergenza come quella in cui viviamo, è ormai chiaro che solo un sistema sanitario pubblico al di fuori dalle leggi di mercato, un sistema universalistico e gratuito può essere in grado di proteggere l’intera popolazione e promuovere delle campagne di prevenzione legate ai rischi da affrontare in modo coordinato. La prevenzione consente di limitare il peso delle malattie, quello che non è nell’interesse di un sistema sanitario basato sul profitto. Tuttavia, pensiamo che questa pandemia offra a certi attori commerciali la possibilità di fare un bel affare con la vendita di apparecchiature, di forniture medicali e di test. Notiamo che alcuni governi, al fine di reagire alla situazione e per superare le debolezze dei sistemi sanitari pubblici, vanno a stipulare contratti con operatori sanitari privati senza alcuna trasparenza o negoziazione.

Per questo motivo, la Rete Europea contro la privatizzazione e la commercializzazione di salute e protezione sociale e il People’s Health Movement riaffermano che è essenziale, ora più che mai, creare un sistema sanitario pubblico europeo, forte e solidale, di qualità e accessibile a tutta la popolazione. Questo sistema deve essere finanziato da risorse pubbliche attraverso le tasse o i contributi previdenziali, a seconda del paese, per dare la risposta piena e universale ai bisogni di salute. Essa deve inoltre essere basata sulla solidarietà tra le persone e tra i paesi europei, piuttosto che sugli interessi privati degli azionisti.

Gli Stati membri devono rendere la protezione sociale e la difesa della salute come priorità nei loro bilanci, che non devono sottostare a vincoli burocratici. E ‘particolarmente importante che questi bilanci siano adeguatamente finanziati per soddisfare i problemi di salute anche per il futuro: invecchiamento della popolazione, cronicità, disabilità, fragilità sociale, salute mentale, salute nei luoghi di lavoro. Ciò è possibile attraverso l’armonizzazione sociale a livello europeo, con una fiscalità generale progressiva accompagnata dalla lotta contro l’evasione fiscale.

Questo richiede anche che la salute non può essere considerata separatamente da altri settori. Gli effetti sulla salute dovrebbero essere uno dei criteri di valutazione di tutte le politiche europee.

Il 7 aprile, Giornata mondiale della salute, delle azioni decentrate sono organizzate in tutta Europa. Per il quinto anno consecutivo, la Rete Europea e PHM chiama i cittadini, gli operatori sanitari, le associazioni a mobilitarsi in occasione della giornata di lotta contro la commercializzazione della salute.

La pandemia Covid-19 ci costringe a cancellare tutte le riunioni e le manifestazioni pubbliche.

Chiamiamo ogni cittadino/cittadina a dare un segno per la “moltiplicazione di solidarietà, non del virus”.

Come? Con una iniziativa “striscione bianco” il 7 aprile.

  1. Esponete i vostri messaggi su un piccolo striscione bianco in un luogo visibile o fate un cartello in casa
  2. Fatevi una foto con i vostri messaggi
  3. Condividete
  • sui social con l’hashtag #health4all e o #salutepertutteetutti e inviatele ai vostri responsabili politici
  • sulla mappa interattiva che potete raggiungere qui: bit.ly/Agir4Health

Rete Europea contro la privatizzazione e la commercializzazione della salute e della protezione sociale – http://europe-health-network.net/ – Tél. +32499 42 44 48 – europeanhealthnetwork@gmail.com

Movimento Popolare Europeo per la Salute – https://phmovement.org/ – ana@phmovement.org


Download (PDF, Sconosciuto)



Download (PDF, Sconosciuto)


https://www.facebook.com/events/549550719025438/




I RISCHI PER LA SALUTE DEL 5G MORATORIA IN BASE AL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE

COMUNICATO STAMPA DEL 20 DICEMBRE 2019

I RISCHI PER LA SALUTE DEL 5G

MORATORIA IN BASE AL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE

La Rete Sostenibilità e Salute fa proprie le forti preoccupazioni già espresse da una vasta parte della comunità scientifica internazionale circa i rischi connessi alla tecnologia 5G e si associa alla richiesta di moratoria avanzata a più riprese da ISDE Italia.

Tutta la popolazione è attualmente esposta a Campi Elettro Magnetici (CEM) ad alta e bassa frequenza che hanno fatto aumentare, nei paesi industrializzati, il livello di esposizione in ambienti interni di 5.000 volte dal 1985 al 2005; a questo si aggiunge ora il 5G (“5th Generation”) che userà le bande 700 MHz, 3.4-3.8 GHz, 26 GHz e, successivamente, le bande comprese nella gamma tra 24.25 e 86 GHz (Fonte: AGCOM).
Tale tecnologia è già stata autorizzata su circa 4 milioni di cittadini italiani senza alcuna autorizzazione specifica da parte dei Ministeri competenti, in particolare di quello della Salute.
I limiti attualmente vigenti in Italia-che pur vanta una delle legislazioni più cautelative a livello internazionale, anche se dal 2012 i livelli di esposizione vengono calcolati come media delle 24 ore e non puntuali – non sono tuttavia adeguati a proteggere la salute umana, in quanto sono basati sul solo effetto acuto di riscaldamento dei tessuti, secondo le indicazioni dell’ organizzazione privata “International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection” (ICNIRP), discussa per i conflitti di interesse di molti dei suoi componenti.
Come Rete Sostenibilità e Salute non possiamo ignorare le migliaia di studi che attestano come gli effetti biologici dei CEM vadano ben oltre la sola azione di riscaldamento acuto e siano principalmente riferibili a: stress ossidativo, alterazione dei canali del Calcio, alterazione della conformazione delle proteine (“misfolding protein”), alterazioni nell’espressione genica, con conseguenze cliniche sia di tipo cancerogeno che non cancerogeno.
Per quanto attiene le onde del 5 G non disponiamo di studi epidemiologici (come per le altre frequenze) ma di studi sperimentali sia su animali che su linee cellulari che attestano l’insorgenza di effetti biologici potenzialmente pericolosi. La loro azione è stata oggetto di una recente ampia revisione. Data la loro bassa penetranza (10 mm), le ricadute possono essere locali (cellule cutanee, terminazioni nervose, microcircolo) ma anche sistemiche, in seguito al rilascio di mediatori infiammatori.
Come documentato ormai da una vastissima letteratura scientifica l’esposizione alle radiofrequenze rappresenta un rischio per tutte le forme di vita, comprese api ed insetti utili, così come è particolarmente inquietante l’azione sui batteri, in cui è stata dimostrata l’insorgenza di
antibiotico resistenza. Nell’uomo sono stati descritti disturbi neuro-comportamentali e del neurosviluppo, alterazioni neurologiche, alterazioni spermatiche, disturbi metabolici e endocrini, alterazioni del ritmo cardiaco. Per quanto attiene l’azione cancerogena i CEM sono stati classificati come cancerogeni possibili (2B) nel 2011 dalla IARC (aumentato rischio di gliomi cerebrali e neurinomi).
Ampie metanalisi di studi caso/controllo pubblicate dopo il 2011 hanno dimostrato che per uso prolungato (10 anni) o per esposizione oltre 1640 ore al telefono mobile vi è un incremento statisticamente significativo di tumori cerebrali, in particolare glioblastomi, variabile dal +32% al 44%. Studi in vivo condotti dal National Toxicology Program e dall’Istituto Ramazzini, pur se condotti con esposizione degli animali a tipi diversi di radiofrequenze (telefoni cellulari per lo studio NTP e stazioni radio base per lo studio Ramazzini) hanno dimostrato incremento negli animali della medesima tipologia di tumori a livello cardiaco e delle guaine nervose. A seguito di queste recenti acquisizioni la riclassificazione della cancerogenicità delle radiofrequenze è stata inserita fra le priorità dalla IARC.
Consideriamo inoltre che in Italia nel 2012 è stata riconosciuta la causa di servizio per un neurinoma di un nervo cranico insorto dal lato in cui veniva usato il telefono mobile per 5-6 ore al giorno per 12 anni per ragioni professionali.
Facciamo nostre le raccomandazioni del Comitato Europeo per i Rischi da Radiazioni (ECRR), che – tenendo conto degli studi pubblicati nel 2018 dal National Toxicology Program (NTP) e dall’Istituto Ramazzini – propone che anche per le radiofrequenze (come per le radiazioni ionizzanti) vengano adottati limiti che tengano conto dell’effetto cumulativo e utilizzino fattori
correttivi legati alla frequenza, all’età e alla tipologia delle persone esposte.
Sempre a proposito dei limiti intendiamo stigmatizzare anche il comportamento “schizofrenico” dell’ Europa, perché da un lato il Consiglio d’Europa raccomanda agli stati membri di fissare soglie preventive che non superino gli 0,6 Volt/metro e di ridurre questo valore a 0,2 V/m, ma dall’altro, la Commissione Europea spinge per la commercializzazione su larga scala del 5G con cui si prevede un aumento dei limiti fino a 61 V/m.
Appare in particolare urgente conoscere il rischio di tumori cerebrali in bambini ed adolescenti in relazione all’esposizione ai telefoni cellulari, il cui uso è sempre più massivo ed avviene in età sempre più precoce. A questo proposito ribadiamo con forza la richiesta che vengano al più
presto resi pubblici i risultati di Moby kids, ampio studio caso-controllo condotto con fondi pubblici europei in 14 paesi, compreso l’Italia, che sono stati inviati alla Commissione Europea il 17 gennaio 2017, quasi tre anni fa.
Per concludere, il 5G è una forma di sperimentazione preliminare, in assenza di qualunque studio di valutazione ambientale o di salute e di fatto viene installato:

  • Violando palesemente il principio di precauzione della legislazione Europea, senza svolgere la dovuta, e preventiva, valutazione ambientale strategica (VAS);
  • senza alcuna consultazione pubblica o consenso informato pubblico, violando l’atto dei diritti umani delle Nazioni Unite e la Convenzione del 2007 sui diritti umani per le persone e le disparità funzionali ed il Codice di Norimberga del 1947;
  • senza adeguati limiti di esposizione basati sugli effetti biologici e su esposizioni croniche;
  • in assenza di strumenti tecnici e normativi utili al monitoraggio di questo specifico standard di trasmissione/ricezione;
  • in presenza di una massiccia quantità di studi indipendenti che dimostrano che le radiazioni elettromagnetiche artificiali, provenienti dal 2G, dal 3G, dal 4G -già in essere e a cui il 5G si aggiungerà- e da una serie di altri simili fonti, sono dannose alla salute pubblica e all’ecosistema.

Rispetto ai rischi per la salute sopra delineati la Rete Sostenibilità e Salute, appellandosi al principio di precauzione, si associa alla richiesta di moratoria avanzata a più riprese da ISDE Italia, richiedendo di non promuovere l’utilizzo del 5G su ampia scala sino a quando non saranno effettuati seri studi indipendenti che documentino in maniera definitiva la nocività o meno per la salute umana di questa tecnologia e sino a quando non si renderanno disponibili strumenti tecnici e normativi adeguati alla tutela della salute pubblica.
Come scrisse oltre 30 anni fa Lorenzo Tomatis: “Adottare il principio di precauzione e quello di responsabilità significa anche accettare il dovere di informare, impedire l’occultamento di informazioni su possibili rischi… evitare che si consideri l’intera specie umana come un insieme
di cavie sulle quali sperimentare tutto quanto è in grado di inventare il progresso tecnologico”.

La Rete Sostenibilità e Salute

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?

Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere,
promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo
accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.

  1. AsSIS – Associazione di studi e informazione sulla salute
  2. Associazione Dedalo 97
  3. Associazione Frantz Fanon
  4. Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
  5. Associazione per la Decrescita
  6. Associazione Scientifica Andria
  7. Centro Salute Internazionale-Università di Bologna
  8. Federspecializzandi
  9. Fondazione Allineare Sanità e Salute
  10. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS*
  11. Giù le Mani dai Bambini ONLUS
  12. Italia che cambia
  13. Medicina Democratica ONLUS
  14. Movimento per la Decrescita Felice
  15. NoGrazie
  16. Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca
  17. People’s Health Movement
  18. Psichiatria Democratica
  19. Rete Arte e Medicina
  20. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
  21. Saluteglobale.it
  22. Slow Food Italia
  23. SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica
  24. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia sociale
  25. Vivere sostenibile

Media relation Rete Sostenibilità e Salute


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PSICOFARMACI AI BAMBINI: MOLTE LE CRITICITÁ,É NECESSARIO CONSOLIDARE IL MODELLO ITALIANO

COMUNICATO STAMPA DEL 5 NOVEMBRE 2019
PSICOFARMACI AI BAMBINI: MOLTE LE CRITICITÁ,É NECESSARIO CONSOLIDARE IL MODELLO ITALIANO

La Rete Sostenibilità e Salute interviene sul delicato tema dell’utilizzo di psicofarmaci in età evolutiva in Italia, esaminando lo scenario internazionale e lanciando un appello al Ministro della Salute Speranza per una migliore appropriatezza prescrittiva di queste molecole.

“La somministrazione di molecole psicoattive a bambini e adolescenti presenta potenziali criticità – di carattere clinico ed etico – su cui concorda la letteratura internazionale”. Inizia così il puntuale position paper della RSS, Rete Sostenibilità e Salute, che riunisce le associazioni del terzo settore più attive sul tema della “salute sostenibile”. La Rete richiama con decisione l’attenzione degli operatori sia sulla valutazione dell’opportunità di prescrivere psicofarmaci ai bambini, sia sulle implicazioni etiche e giuridiche di tali prescrizioni.
Per quanto la comunità scientifica non sia concorde sull’opportunità di usare prodotti psicoattivi su organismi con un sistema nervoso centrale ancora in via di sviluppo, sono oltre 15 milioni i minori in terapia psicofarmacologica, nel mondo, per le più diverse patologie, a fronte di una preoccupante carenza di risorse per terapie non farmacologiche scientificamente validate.
Ciononostante, il ricorso, ad esempio, ai farmaci antidepressivi per trattare bambini e adolescenti è in crescita: in USA, Gran Bretagna, Germania, Danimarca e Olanda è aumentato complessivamente del 40% negli ultimi 7 anni. Si tratta di una tendenza mondiale, confermata da un recente studio pubblicato sullo European Journal of Neuropsychopharmacology, i cui dati dimostrano che in Gran Bretagna il numero di antidepressivi prescritti ai minori è cresciuto del 54%, del 60% in Danimarca, del 49% in Germania, del 26% negli Stati Uniti e del 17% in Olanda; maggiori incrementi si sono registrati nelle fasce d’età tra 10 e 19 anni, e i farmaci più utilizzati sono citalopram, fluoxetina e sertralina. “L’uso di antidepressivi nei giovani è preoccupante – ha commentato il Dott. Shekhar Saxena, già Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’OMS – una preoccupazione aggravata dal fatto che i farmaci prescritti ai giovani nella maggior parte dei casi non sono autorizzati per gli under 18”.

L’Italia non è potenzialmente estranea a questi preoccupanti scenari, ancorché per fortuna lontana dagli scandali verificatisi negli USA, come quello dello psicofarmaco Paxil®, le cui prove di pericolosità per i minori sono state taciute dalla casa farmaceutica Glaxo.

Analoghe preoccupazioni riguardano l’impropria somministrazione di molecole psicoattive a bambini iperattivi. Tra i principali fattori di rischio per l’insorgere di comportamenti diagnosticati come Sindrome di Iperattività e Deficit di Attenzione (ADHD) si trovano anche i fattori socio- economici: la letteratura scientifica dimostra che bambini provenienti da famiglie con basso status socioeconomico hanno probabilità molto superiori di ricevere diagnosi di ADHD rispetto ai figli di genitori con status più elevati. È quindi quantomeno discutibile che il soggetto diagnosticato con ADHD sia il bambino, quando tale disattenzione potrebbe essere attribuita al contesto sociale e ambientale. “Trascurare questa prospettiva significa decidere, come società, che è troppo impegnativo e costoso agire sull’ambiente in cui crescono e si sviluppano i bambini, e preferire quindi adattare i bambini difficili al contesto”, afferma il documento della Rete.

Il fondatore dell’Institute for Scientific Freedom Peter Gøtzsche evidenzia ad esempio come in alcuni Paesi i tassi di diagnosi aumentino in corrispondenza della diminuzione dei finanziamenti scolastici: non si può infatti trascurare il ruolo della scuola e delle condizioni di lavoro degli
insegnanti in questo processo. Non è raro che questi, sovraccarichi di lavoro, sentano minacciata l’immagine di sé, la propria autostima e il proprio operato per via delle difficoltà incontrate nel contenere i comportamenti di alcuni alunni e ottenere i risultati attesi necessari per attenersi al programma didattico; come sottolinea Allen Frances, a capo della task force del DSM-IV, questo aumenterebbe il rischio di fenomeni di “inflazione diagnostica”.

Insieme alle incertezze diagnostiche, esiste inoltre il rischio dell’adozione di possibili strategie di “disease mongering”, ovvero di artificiosa modifica dei criteri di diagnosi per ampliare le opportunità di vendita per i farmaci psicoattivi, rispetto al quale una puntuale registrazione dei casi di minori trattati con farmaci per ADHD rappresenta un efficace correttivo.

Il documento della RSS enfatizza poi le peculiarità positive del modello italiano rappresentato dal Registro Nazionale per l’ADHD, avanzando al Ministro della Salute Speranza specifiche proposte:

1. creare un sistema informativo per il monitoraggio e la tutela della salute mentale dedicato all’infanzia, che permetta di monitorare il volume delle prestazioni e di compiere valutazioni epidemiologiche sulle caratteristiche dell’utenza e sui piani di trattamento;
2. estendere l’attività di monitoraggio del Registro attualmente in vigore per l’ADHD, che monitora le prescrizioni di metilfenidato e atomoxetina, ad altre tipologie di farmaci prescritti ai minori, specie in modalità off-label;
3. redigere un report annuale pubblico sulla popolazione minorile diagnosticata e sottoposta a terapie specie farmacologiche, completo di dettagli sulle terapie somministrate, le remissioni dei sintomi, le terapie non farmacologiche erogate;
4. modificare con urgenza la sperequazione nell’accesso alle cure, con riguardo al mancato accesso alle terapie non farmacologiche da parte di molte famiglie residenti in Regioni i cui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) non le prevedono;
5. creare strumenti adeguati per informare la cittadinanza dei risultati dei report e di altra documentazione utile per contribuire a scelte terapeutiche più consapevoli, informate;
6. avviare un percorso di confronto con le istituzioni sanitarie di altre nazioni, per rendere noto e valorizzare al meglio il modello di controllo adottato in Italia;
7. in ultimo, anche in relazione al possibile uso inappropriato di alcune di queste molecole in modalità di “auto-medicazione”, valutare una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione e prevenzione rivolta alla cittadinanza (gli Allegati al paper riportano anche diversi fattori di rischio associati ad ADHD che si possono evitare o almeno ridurre con appropriati interventi delle famiglie interessate e/o della scuola).

Il documento della RSS si conclude con una citazione del Rapporteur delle Nazioni Unite sui diritti umani, il Dott. Dainius Pūras, il quale ha sottolineato, in un recente rapporto dell’ONU, come alcune condizioni strutturali (povertà, discriminazione, violenza) siano le cause più profonde alla radice del disagio mentale e della sofferenza a cui, “troppo spesso vengono fornite risposte individualizzate, immediate, influenzate da un paradigma esclusivamente biomedico che ignora i trattamenti alternativi, sottovaluta il ruolo della psicoterapia e di altri trattamenti psicosociali e, cosa più importante, non affronta i fattori determinanti che contribuiscono ad una cattiva salute mentale, con una sovramedicalizzazione particolarmente dannosa per i bambini”

La Rete Sostenibilità e Salute

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?
Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere, promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.

1. Comitato Giù le Mani dai Bambini ONLUS
2. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia sociale
3. Fondazione Allineare Sanità e Salute
4. AsSIS – Associazione di studi e informazione sulla salute
5. Associazione Dedalo 97
6. Associazione Frantz Fanon
7. Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
8. Associazione per la Decrescita
9. Associazione Scientifica Andria
10. Centro Salute Internazionale-Università di Bologna
11. Federspecializzandi
12. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
13. Medicina Democratica ONLUS
14. Movimento per la Decrescita Felice
15. NoGrazie
16. Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca
17. People’s Health Movement
18. Psichiatria Democratica
19. Rete Arte e Medicina
20. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
21. Saluteglobale.it
22. Slow Food Italia
23. Slow Medicine
24. SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica
25. Italia che cambia
26. Vivere sostenibile

Media relation Rete Sostenibilità e Salute
• Portavoce: Jean-Louis Aillon – rete@sostenibilitaesalute.org; 328.7663652
• Sito: www.sostenibilitaesalute.org
• Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute
• Video: La rete Sostenibilità e Salute; La Carta di Bologna (spot), Presentazione della Carta di Bologna

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Un nuovo mo(n)do di fare salute. Bologna 11 ottobre 2019 ore 18

Siamo lieti di potervi annunciare la prima presentazione nazionale del nostro libro:

“Un nuovo mo(n)do di fare salute. Le proposte della Rete Sostenibilità e Salute”. Edizioni Celid (settembre 2019).

Saranno presenti:
Jean-Louis Aillon, Matteo Bessone, Chiara Bodini (curatori)
Patrizia Gentilini (autrice, ISDE Medici per l’ambiente)
Autori e autrici del volume

Conduce:
Giuditta Pellegrini (giornalista ambientale e fotografa per Terra Nuova e Il Manifesto)

Venerdì 11 Ottobre, ore 18.00
presso Venti Pietre, Via Marzabotto 2, Bologna

A seguire verrà offerto un aperitivo.

Per info e contatti
chiara@phmovement.org
328/7554698

Nel frattempo è possibile scaricare gratuitamente l’introduzione redatta dai curatori e il capitolo 14, “Una riforma strutturale per la sanità: pagare la salute, non la malattia, allineare le convenienze dei diversi attori all’etica e alla salute della comunità e dei cittadini” di Alberto Donzelli in questo sito (http://www.celid.it/scheda-libro?aaref=1298).

Indice del volume:

Introduzione
1. I determinanti sociali della salute
2. Ambiente e salute
3. Cultura e salute
4. Verso una salute globale
5. L’insostenibilità di un modello di sviluppo basato sulla crescita economica
6. La salute come bene comune
7. Approccio sistemico alla salute
8. Le medicine tradizionali e non convenzionali
9. Medicalizzazione, limiti della medicina e della scienza
10. L’appropriatezza: apporti diversi per un problema comune
11. Smascherare e combattere i conflitti d’interessi
12. Medicina e welfare di comunità
13. La tutela del Servizio Sanitario Nazionale
14. Una riforma strutturale per la sanità: pagare la salute, non la malattia
Postfazione:
La costruzione della salute e il legame salute-potere
Appendice n. 1:
I documenti della Rete Sostenibilità e Salute
Appendice n. 2:
L’Appello per una scienza al servizio della comunità

COMUNICATO STAMPA DEL 8 OTTOBRE 2019

UN NUOVO MO(N)DO PER FARE SALUTE

In anteprima il primo libro della Rete Sostenibilità e Salute

Dopo circa un anno di gestazione, è uscito in libreria il libro della Rete Sostenibilità e Salute: “Un nuovo mo(n)do per fare salute”. Come suggerisce il titolo, si tratta di riflessioni e spunti, teorici e pratici, per ripensare la salute e la cura all’interno di un più ampio ripensamento dell’attuale sistema socio-economico e culturale, insostenibile e patogeno.

I vari capitoli, a cura di autori e autrici afferenti alla Rete, affrontano gli snodi principali della “Carta di Bologna”, il manifesto fondativo con cui la Rete è nata cinque anni fa: la salute come prodotto sociale, la centralità delle relazioni e dunque della cultura e della partecipazione, la questione ambientale e le alternative al dogma della crescita, i diversi approcci alla cura e l’importanza del servizio sanitario nazionale, le minacce rappresentate da conflitti di interessi e sistemi che premiano la malattia e non la salute, e molto altro.

Il libro sarà presentato a Bologna, in prima nazionale, venerdì 11 ottobre alle 18.00 a Venti Pietre (Via Marzabotto 2). Grazie alla presenza di Giuditta Pellegrini, giornalista ambientale e fotografa per Terra Nuova e Il Manifesto, sarà possibile un dialogo approfondito con i curatori (Chiara Bodini, Jean-Louis Aillon, Matteo Bessone) e le autrici e gli autori.

Per maggiori informazioni, trovate allegati la scheda libro (copertina, indice ed introduzione), la locandina e l’evento facebook: https://www.facebook.com/events/509221302957935.

A questo link può essere, invece, acquistato il libro online (cartaceo o pdf), oppure scaricato gratuitamente il primo capitolo introduttivo.

“Secondo l’autorevole rivista «The Lancet», i cambiamenti climatici saranno la principale minaccia per la salute del XXI secolo. Contemporaneamente, l’acuirsi delle disuguaglianze alimenta problemi sociali e di salute, sia fisica che mentale, in tutta la popolazione e a tutti i livelli. […]

Che cosa possiamo fare di fronte a tutto ciò?
In questo volume la Rete Sostenibilità e Salute propone spunti teorici e pratici per un cambiamento dell’attuale sistema, a partire da un modo diverso di leggere la malattia e la cura. Si tratta di un utile strumento per tutte le persone che si rifiutano di rassegnarsi a questa ingiusta ed evitabile “realtà”, e vogliono impegnarsi nel dare vita a un mondo che metta al centro la salute delle persone e quella del pianeta.”

La Rete Sostenibilità e Salute

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?

Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere, promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.

1. AsSIS – Associazione di studi e informazione sulla salute

2. Associazione Dedalo 97

3. Associazione Frantz Fanon

4. Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia

5. Associazione per la Decrescita

6. Associazione Scientifica Andria

7. Centro Salute Internazionale-Università di Bologna

8. Federspecializzandi

9. Fondazione Allineare Sanità e Salute

10. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS*

11. Giù le Mani dai Bambini ONLUS

12. Medicina Democratica ONLUS

13. Movimento per la Decrescita Felice

14. NoGrazie

15. Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca

16. People’s Health Movement

17. Psichiatria Democratica

18. Rete Arte e Medicina

19. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina

20. Saluteglobale.it

21. Segretariato Italiano Studenti in Medicina, SISM

22. Slow Food Italia

23. Slow Medicine

24. SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica

25. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia sociale

26. Italia che cambia

27. Vivere sostenibile

Media relation Rete Sostenibilità e Salute

– Portavoce: Jean-Louis Aillon – rete@sostenibilitaesalute.org

– Sito: www.sostenibilitaesalute.org

– Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute

– Video: La rete Sostenibilità e Salute; La Carta di Bologna (spot), Presentazione della Carta di Bologna




Dialogo su due modi d’intendere la scienza

Quello che segue è un dialogo immaginato ai giorni nostri, fra medici, ma nei nomi dei personaggi si riconosce l’ambizioso riferimento al Dialogo dei Massimi Sistemi di Galileo.
Su temi molto differenti da quelli della fonte d’ispirazione, si vogliono evidenziare posizioni diverse in dialogo, in una condizione di apertura e scambio.

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Dialogo su due modi d’intendere la scienza
L’azione si svolge in un piccolo bar all’interno di un ospedale, a metà mattina, fra un cappuccino ed un caffè, in una breve pausa

Dottor Semplici, cardiologo: Hai forse letto il testo del Patto trasversale per la scienza(1)?

Dottoressa Salviato, internista: Sì, inizialmente un po’ alla svelta ma poi l’ho letto in modo approfondito, ne sono perplessa. Tu che ne dici?

Semplici: Penso che ci voleva un testo che richiamasse l’attenzione sul valore universale della scienza…

Salviato: Ma questo termine “universale”… ci riporta indietro allo scientismo dell’ottocento(2)(3)! Le cose sono cambiate, lo sai anche tu: Popper ha evidenziato il limite del verificazionismo(4), ha sostenuto che la scienza si distingue dal resto delle conoscenze non per la dimostrabilità ma per la sua falsificabilità(5), cioè per la caratteristica di poter essere confutata.

Semplici: Non essere troppo sofisticata! Non si possono “tollerare in alcun modo forme di pseudoscienza e/o di pseudomedicina che mettono a repentaglio la salute pubblica
come il negazionismo dell’AIDS, l’anti-vaccinismo, le terapie non basate sulle prove scientifiche, ecc…” Queste sono le bufale della medicina verso cui la gente è vulnerabile.
Bisogna proteggere i cittadini da questa forma pericolosa di fake news…

Salviato: Certo, ma bisogna ragionare in modo più approfondito. Ad esempio, con il criterio di Popper, le dichiarazioni che i vaccini sono efficacissimi e sicurissimi oppure, specularmente, che i vaccini sono pericolosissimi non risultano scientifiche.
Semplici: D’accordo… essere categorici non fa parte della scienza… Scusami che saluto il dottor Sagredi della Direzione Sanitaria …

Dottor Sagredi: Buongiorno! Posso salutarvi?

Semplici: Certo, vieni che qui stiamo discutendo e forse interessa anche te. Parliamo di vaccini, dai, non ti allarmare, lo sai che non siamo no vax, però desideriamo un approccio rigoroso… Abbiamo letto il Patto trasversale per la Scienza.

Sagredi: Anch’io, fatemi capire di che state discutendo.

Salviato: Un’affermazione tipo “i vaccini sono inutili o pericolosissimi “, già a partire dalla sua formulazione, è non verificabile (“quali” vaccini? “quanto” pericolosissimi?) e
non falsificabile, perché nessun esperimento può testare concetti espressi al superlativo per interventi fra loro molto diversi. Bisogna cominciare con il dire “quanto uno specifico vaccino è utile e “quanto” è sicuro, in modo che altri possano verificare o falsificare, con metodi validi, le misure espresse. Altrettanto non verificabile sarebbe un’affermazione generica tipo “i vaccini sono efficacissimi e sicurissimi”. Chi fa simili affermazioni generiche si può definire visionario, opinionista, profeta, non uno scienziato, anche se sostiene di far parte della “comunità scientifica” o pensa di esserne
portavoce.

Sagredi: Ah! Popper! Dai, non sono così digiuno…

Semplici: Insomma come condurre l’opposizione alla pseudoscienza? Tante cose ben dimostrate vengono messe in discussione e i pazienti ci attaccano per quello che
vogliamo fare nel loro interesse… Queste parole suonano sacrosante “governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati, che, con
affermazioni non-dimostrate e allarmiste, creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e
medica.” Non vi sembra?

Salviato: Sarei cauta: chi sarebbero gli pseudoscienziati? Chi potrà definire chi sono gli pseudoscienziati se non gli scienziati che forti del metodo scientifico dovrebbero radicare la loro autorevolezza nella serenità del loro operato e nel dibattito documentato e rispettoso? Ma quale dibattito scientifico potrà essere un confronto sereno e rispettoso, se si diffonde la paura di meritare un’etichetta, quella di
pseudoscienziato appunto, che ne fa un reprobo?

Semplici: Guarda, voglio stupirti: ho anch’io una citazione da fare. Lo storico della scienza statunitense Kuhn si spinse oltre l’analisi di Popper, sostenendo che una comunità scientifica non si costituisce sulla base di una metodologia falsificazionista, ma parte dall’accettazione di un modo di pensare. Noi abbiamo bisogno di quello che Kuhn chiamava paradigma, ci consente di riconoscerci e compiere delle scelte.

Salviato: Aspetta, aspetta! «Gli scienziati non mirano, di norma, a inventare nuove teorie, anzi spesso si mostrano intolleranti verso quelle concepite da altri»(6) credo che
Kuhn dicesse questo.

Sagredi: E che significa? Mi sono perso…

Salviato: Kuhn divise il processo scientifico in due fasi: scienza normale e scienza straordinaria/rivoluzionaria. Nella prima la maggioranza degli scienziati lavora in base al paradigma corrente, accettato dalla comunità scientifica. In seguito, dice Kuhn, si verificano anomalie nel paradigma corrente, con fenomeni che i modelli accettati dalla
comunità scientifica non sanno spiegare. Quando si accumulano abbastanza anomalie, alcuni scienziati iniziano a lavorare nell’ambito della cosiddetta scienza straordinaria, cercando di spiegare la realtà con nuovi modelli (gran parte dei quali, peraltro, sarà confutata). Ma alla fine si crea un nuovo paradigma, e quello vecchio è eliminato.
Insomma la contrapposizione tra scienza (“quel che pensa la maggioranza degli scienziati” o la cosiddetta “comunità scientifica”) e pseudoscienza (che mette in discussione alcune credenze e affermazioni oggi in voga) non ha fondamento nella
filosofia della scienza contemporanea, sembra piuttosto ispirata a uno scientismo di vecchio stampo. Naturalmente per chi mette in atto delle frodi è tutta un’altra storia…
se ne occupano i tribunali!

Semplici: Ma noi, che siamo medici, dobbiamo prendere decisioni, non possiamo baloccarci a confutare fake news e a disquisire di filosofia della scienza mentre dobbiamo fronteggiare l’opinione pubblica, gli pseudoscienziati o come li vogliamo chiamare, e i decisori!!

Salviato: E quindi cosa proponi?

Semplici: L’EBM(7), la medicina basata sulle evidenze, come scrivono nel Patto.

Salviato: Mhm, vuoi dire basata sulle prove, evitiamo la cattiva traduzione di evidence con evidenza. L’etimologia è comune ma i due termini hanno significato opposto: in
italiano evidenza è quello che è chiaro, evidente appunto, ma evidence in inglese significa prova, ovvero ciò che ha dovuto essere dimostrato, perché non era poi tanto evidente…

Semplici: Va bene, sei pedante ma non sarai anche contraria alla medicina basata sulle prove? Stamattina mi stai irritando…

Sagredi: Nonostante si tratti di un movimento culturale rivoluzionario, l’EBM trova il suo maggior limite nella qualità degli studi cui attingere per effettuare le revisioni: è
inevitabile che a studi condotti per finalità commerciali oppure ad una selezione degli studi secondo criteri parziali corrispondano revisioni poco attendibili(8).

Semplici: State dubitando della validità delle revisioni? Per esempio delle revisioni Cochrane? Ma se tu, Salviato, ne fai un uso continuo e sei sempre collegata con la Cochrane Library dopo tutto quello che hai fatto per ottenere l’accesso gratuito in ospedale… e poi non stai organizzando un seminario proprio basato sulle revisioni prodotte nell’ultimo anno nel tuo settore con la collaborazione del dottor Sagredi?

Salviato: Vero. Credo che le revisioni siano un prodotto “maturo” dell’EBM, utile perché ancora larga parte della pratica medica non si basa su prove per ragioni varie, fra cui la carenza di studi che rispondano in modo soddisfacente ai quesiti clinici. Ma le revisioni attendibili si basano sulla produzione di studi di buona qualità e questo risente della
disponibilità di fondi specie pubblici, del riconoscimento del conflitto d’interesse a vari livelli, della diffusione della cultura metodologica con consapevolezza dei dati esistenti
e capacità di critica dei risultati già noti, dell’individuazione delle misure di esito di
reale interesse per il paziente(9). Nel seminario ai colleghi vorremmo parlare anche di questo.

Semplici: Interessante, fammi sapere quando lo fate questo seminario.

Sagredi: Ma ho sentito parlare di una specie di scisma nella Cochrane. Tu ne sei al corrente, vero? La cosa come decisore pubblico mi sta molto allarmando, onestamente…

Salviato: Vi è stata una vera lacerazione nel contesto della Cochrane(10). Divisioni interne al direttivo, sospensioni e dimissioni, ma specialmente difficoltà a condividere
una mission di autonomia di pensiero ed indipendenza economica, ne hanno intaccato l’immagine e speriamo non debbano minare la fiducia nei confronti di una delle organizzazioni più coinvolte nella produzione di revisioni usate dai decisori. Questi
conflitti indicano la difficoltà a considerare le prove in modo indipendente e affidabile. Il conflitto d’interesse è sempre in agguato ed assume le forme più varie….

Semplici: Ma i decisori, quando devono decidere, appunto, se finanziare con soldi pubblici mettiamo l’acquisto di un vaccino, come possono fare? La loro posizione è assai scomoda, forse hanno pochi strumenti e forse fanno fatica a usarli correttamente…

Sagredi: In effetti i decisori pubblici hanno una posizione difficile, ma possono chiedere aiuto ai tecnici scegliendoli fra coloro che sono liberi da conflitti d’interesse.
Invece credo che la politica non abbia strumenti metodologici per entrare in un dibattito come il vostro, così tecnico e sofisticato. I firmatari del Patto sono in buona
fede, ma tenderebbero a privilegiare in modo acritico il prodotto finito delle revisioni, considerate come un’indiscutibile verità, esattamente il contrario dell’essenza dell’EBM che è continuare a porsi con spirito critico davanti alle procedure in uso, disponibili all’aggiornamento delle conoscenze di base, alla rivalutazione metodologica degli studi, ma specialmente a rispondere alle esigenze cliniche reali espresse dai pazienti.

Semplici: Ecco, ci siamo arrivati! E quale sarebbe il modello di gestione delle esigenze del malato che si propone? Sai quante contestazioni, conflitti, richieste che non possono essere soddisfatte che riceviamo… Lo so che adesso Salviato mi citerà Platone… “…esistono due specie di quelle che si chiamano medici: i medici degli schiavi che curavano senza dare spiegazioni e i medici degli uomini liberi che informavano e
collaboravano con il malato”(11). Ma noi informiamo o entriamo in conflitto per difendere la scienza?

Salviato: La medicina si basa su varie discipline scientifiche, ma queste non esauriscono la natura della medicina, caro dottor Semplici. Sicuramente non si può caldeggiare il ritorno all’angusto approccio biomedico nella relazione medico-paziente.

Semplici: Ti attendevo al varco! Ma ho anch’io qualcosa da dire. Balint ha sostenuto che l’approccio biomedico era superato dalle esigenze del nuovo assetto epidemiologico
delle malattie che chiedevano un più adeguato modello di gestione.
Al contrario dell’approccio biomedico, infatti, chi cura si trova di fronte, più che alla malattia, al malato con la sua identità culturale, sociale, psicologica ed economica; nella
pratica deve confrontarsi con il suo vissuto. Questo è lo scenario in cui ci muoviamo e che rende complesso il nostro lavoro!

Sagredi: Stai parlando del modello bio-psico-sociale, dottor Semplici(12).

Semplici: A me interessa l’alleanza terapeutica nel processo di cura: oggi si produce più con la collaborazione, rispettando l’identità del paziente, sviluppando la sua autonomia
e negoziando accertamenti e trattamenti che con un atteggiamento paternalisticodirettivo.

Sagredi: Alla lamentata perdita di autorevolezza dei sanitari si risponde in modo efficace con la disponibilità a spiegare ai cittadini i criteri con cui nascono le prove, offrendo anche rudimenti di statistica per costruire un linguaggio comune, ammettendo l’incertezza che deve essere espressa per entrare nelle scelte nel rispetto della libertà del cittadino, altrimenti di che consenso informato possiamo parlare? Ne tratteremo nel seminario organizzato dalla dottoressa Salviato.

Salviato: “Tutte le forze politiche italiane s’impegnano a implementare programmi capillari d’informazione sulla Scienza per la popolazione, a partire dalla scuola dell’obbligo, e coinvolgendo media, divulgatori, comunicatori, e ogni categoria di professionisti della ricerca e della sanità”(3). Sull’alfabetizzazione scientifica(13) come premessa a un buon dialogo con i cittadini siamo tutti d’accordo, purtroppo l’Italia è molto arretrata in questo…, si deve insegnare un approccio critico, sviluppando il pensiero logico e l’adeguata valutazione dei dati. Quanti studenti in medicina credete
che distinguano fra associazione fra due variabili e rapporto di causa-effetto?

Sagredi: …ai giovani va spiegato che è possibile discutere ma usando metodo e argomenti scientifici, e ciò costituisce un’importante garanzia per il continuo progresso
delle conoscenze e miglioramento delle soluzioni ai problemi. Questa sarebbe alfabetizzazione scientifica.
L’informazione sulla scienza, quella che passa attraverso l’acritica consultazione dei media, di articoli o di internet è un’altra cosa… Tutti ritengono di sapere, acquisiscono
una mole di dati senza nessun atteggiamento critico, nessuna consapevolezza, nella completa ignoranza delle premesse, e non sanno che farsene delle cose che credono di
sapere.

Semplici: Fatichiamo ad avere finanziamenti per la ricerca, figurarsi per la scuola…
Non capisco, però, perché il Patto trasversale per la scienza citi solo finanziamenti per la ricerca biomedica, e in particolare per quella di base, mi sembra poco equo. La scienza tutta ha bisogno di finanziamenti, specie pubblici.

Salviato: Effettivamente i finanziamenti pubblici servono a tutta la scienza, perché sia libera da interessi e pressioni politiche…

Semplici: Siamo d’accordo, ma adesso andiamo a lavorare!
Salviato: Così pensi che questo nostro approfondimento sia tempo perso?!

Semplici: No, ma vedo che ci stanno chiamando e che la sala d’attesa è piena…

Sagredi: Buon lavoro a tutti!

NOTE
(1) https://www.medicalfacts.it/2019/01/10/il-patto-trasversale-per-la-scienza-che-mette-daccordogrillo-
e-renzi/
(2) http://www.informasalus.it/it/articoli/scienziati-clero-laico-burioni.php#
(3) https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/10/quella-di-burioni-e-unidea-di-scienza-vecchia-esuperata-
e-il-suo-patto-lo-conferma/4888431/
(4) Verificazionismo: Un limite del verificazionismo, proposto dal Circolo di Vienna, era l’incapacità di distinguere come scientifiche o meno previsioni tipo “domani pioverà”, che sarebbero sensate dal punto di vista empirico e verificabili.
http://www.wuthrich.net/teaching/2013_145/Lect07_PopperEtAl.pdf
(5) Falsificabilità: In effetti, per esser assolutamente certi della verità di un’affermazione, sarebbero necessarie infinite osservazioni/ infinite verifiche. Infatti, per quanto un’affermazione possa trovare conferme, corre sempre il rischio di essere smentita da osservazioni che la contraddicano.
Risulterebbe, dunque, più sicura la ricerca di osservazioni contrarie alla teoria esposta che, appunto, la falsifichino.
http://www.wuthrich.net/teaching/2013_145/Lect07_PopperEtAl.pdf
(6) http://www.wuthrich.net/teaching/2013_145/Lect07_PopperEtAl.pdf
(7) La medicina basata sulle prove o EBM è una metodologia finalizzata a distinguere gli interventi efficaci dagli inefficaci; considera sia i trattamenti terapeutici che le procedure diagnostiche e l’organizzazione dei servizi.
Le prove scaturiscono dai risultati:
• di studi di confronto dell’intervento in esame rispetto a interventi di provata efficacia o placebo
(randomized clinical trial, RCT) se praticabili,
• di studi non randomizzati, quando questi offrono le uniche prove disponibili;
sono spesso riunite nelle cosiddette revisioni e integrate con l’esperienza professionale e le preferenze del paziente, per trovare un indirizzo anche quando le conoscenze scientifiche siano limitate, ammettendo l’incertezza nella comunicazione con i cittadini e condividendo le scelte terapeutiche con
i pazienti.
https://www.bmj.com/campaign/ebm-history
(8) Evidence based medicine manifesto for better healthcare. BMJ 2017;357:j2973
(9) Alessandro Liberati. Un decennio di EBM: un bilancio non proprio imparziale in Etica, Conoscenza e Sanità – 2005 Il Pensiero Scientifico Editore.
(10) Melanie Newman. Has Cochrane lost its way? Dissent over growing centralisation culminated in
the expulsion of one of Cochrane’s founding members. BMJ 2019;364:k5302.
(11) Platone Dialoghi, Le Leggi
(12) Il problema di una gestione efficiente delle malattie croniche, dell’assistenza domiciliare integrata,del rischio del conflitto medico-paziente, dell’influenza dei determinanti della salute, della medicina di precisione ed altro hanno portato il modello biomedico e la sua propensione deterministica alla unicità della causa alla sua obsolescenza. Il modello bio-psico-sociale, un modello di analisi e ricerca
sistemica e multifattoriale, sembra adeguato ad affrontare le nuove sfide della sanità moderna quali la diminuzione della aderenza alle prescrizioni per la sfiducia nella medicina, la necessità dell’empowerment per le malattie croniche e le cure domiciliari, la comunicazione strategica per la modifica degli stili di vita insalubri, la riduzione della conflittualità medico-paziente premessa di cause legali, la possibilità di rilevazione e conseguente segnalazione delle reazioni avverse
farmacologiche, l’attenzione alla qualità della vita del malato, alla bioetica, etc.
Engel GL “The need for a new medical model: a challenge for biomedicine” Science 1977: 129-136.
(13) M. Luisa Villa “La scienza sa di non sapere e per questo funziona” 2016 Guerini e Associati.




Appello per una scienza al servizio della comunità. La responsabilità della politica.


Di recente tutte le forze politiche italiane sono state invitate a sottoscrivere un Patto Trasversale per la Scienza, idealizzata come valore universale. Si tratta di una visione della scienza per certi aspetti condivisibile ma ingenua perché la scienza e gli scienziati agiscono all’interno di sistemi sociali, culturali ed economici che ne condizionano priorità, orientamenti e risultati e di cui è importante essere consapevoli. Proponiamo un modo diverso di intendere la scienza e la medicina e il loro rapporto con la politica e la società civile.

1. La scienza è il luogo dell’incertezza, del dubbio, della curiosità e della ricerca
Solo in parte ciò che in passato è stato scientificamente riconosciuto è tuttora valido. Ciò vale
per la fisica, la chimica, la biologia, ma ancor più per la medicina, la cui storia è colma di errori e di verità che si sono dimostrate false. La presunzione rassicurante di conoscere la verità assoluta
si addice alle fedi e alle ideologie ma non alla scienza. Il metodo scientifico è il modo migliore
fino ad oggi per indagare alcuni aspetti della realtà, ma nei confronti della scienza è bene
assumere un atteggiamento di umiltà, di confronto, d’imparzialità e di autonomia, sapendo che
l’evoluzione del sapere è la principale garanzia della sua affidabilità.

2. La conoscenza non si esaurisce con la scienza o con il metodo scientifico
Non tutto ciò che ha valore per la vita è scientifico e sarebbe pericoloso affidare ogni decisione
alla scienza, identificata come l’assoluto. Ciò sarebbe la fine della medicina, la cui essenza
emerge dall’interazione tra due forme ugualmente importanti di conoscenza: il sapere scientifico,
di cui è titolare il professionista sanitario, e il sapere che deriva dalla vita, in cui si combinano
esperienze, valori, sentimenti, relazioni di cui solo la persona interessata può disporre. La scienza
aiuta il cittadino a valutare le opzioni disponibili e a fare previsioni, ma non deve sostituirsi a lui nelle decisioni, nel rispetto delle norme costituzionali e della dottrina del consenso informato.

3. La medicina è una pratica che si avvale di conoscenze scientifiche, ma non solo
Se in medicina impiegassimo solo ciò che è scientificamente provato, dovremmo abbandonare
gran parte di ciò che costituisce la pratica clinica corrente, che solo in proporzione minore si basa
su valide prove scientifiche. In medicina non basta applicare le migliori conoscenze scientifiche,
occorre essere preparati ad affrontare la quota di incertezza che contraddistingue ogni
decisione, riconoscendo i limiti del nostro sapere. Attenersi alle conoscenze scientifiche, quando
ci sono, è di certo la cosa più sensata, ma spesso non è sufficiente. La medicina basata sulle
prove di efficacia chiede di integrare le conoscenze dedotte dalla ricerca con l’esperienza del
clinico e i valori dei pazienti. È poi responsabilità di tutti vigilare sulla diffusione di notizie infondate e di pratiche di non comprovata efficacia e dannose, allo scopo di evitarne l’impiego.

4. L’indipendenza della scienza deve essere difesa dagli interessi del mercato
La maggior parte della ricerca biomedica è finanziata dall’industria del farmaco, dei dispositivi
sanitari, delle attrezzature biomedicali ed è considerata un investimento commerciale. La
speranza di risolvere i problemi di salute è dunque in larga misura riposta sugli interessi dell’industria.
Anche questa è scienza, legittima e a volte di alto livello, ma non sempre: la letteratura scientifica è ricca di esempi eloquenti sui rischi associati al mercato della salute. Gli operatori sanitari devono esserne consapevoli e la politica deve vigilare su questo fenomeno, garantendo che l’attività professionale, la ricerca, le linee d’indirizzo, le raccomandazioni, le linee guida siano indipendenti da interessi commerciali.

5. Cosa chiediamo alla politica
L’indipendenza dei medici e degli altri operatori sanitari è un bene prezioso che la politica deve
contribuire a preservare creando un ambiente antidogmatico, favorevole al libero dibattito
scientifico, trasparente e il più possibile esente da conflitti d’interessi. Nessun ricercatore e nessun operatore sanitario deve aver timore di esporre i propri convincimenti su temi attinenti alla
medicina e alla pratica medica, fermo restando che le pratiche da raccomandare sono quelle
che in un contesto scientifico in continuo divenire si avvalgono delle migliori prove di efficacia e
sicurezza nel tempo.
La politica deve assicurare adeguati finanziamenti pubblici per sostenere la ricerca biomedica
indipendente da interessi commerciali, basata su priorità dettate dai principali problemi di salute
della popolazione, con particolare attenzione alla ricerca comparativa di efficacia, sicurezza e
costo-efficacia e alla ricerca sui modi migliori per trasferire nell’operato del personale sanitario le tecnologie e le conoscenze e verificare i risultati ottenuti.
La politica ha la responsabilità di favorire la formazione di una cultura della scienza nelle scuole
e nelle università, intesa non come dogma, ma come sviluppo di capacità di osservazione critica,
ragionamento e corretta interpretazione dei dati, con spirito di umiltà e disponibilità all’ascolto
degli altri.

La Rete Sostenibilità e Salute

27 marzo 2019

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?

Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere,
promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo
accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.

Fondazione Allineare Sanità e Salute
Associazione Dedalo 97
Associazione di studi e informazione sulla salute – AsSIS
Associazione Frantz Fanon
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
Associazione per la Decrescita
Associazione Scientifica Andria
Centro Salute Internazionale-Università di Bologna
Federspecializzandi
Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
Giù le Mani dai Bambini ONLUS
Italia che cambia
Medicina Democratica ONLUS
Movimento per la Decrescita Felice
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People’s Health Movement
Psichiatria Democratica
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La posizione della Rete Sostenibilità e Salute sulla gravissima crisi della Cochrane

Curatore della redazione per la RSS: Alberto Donzelli

Peter Gøtzsche è un ricercatore danese dal carattere inflessibile, che nel settembre scorso è stato vittima di un evento inaudito, l’espulsione dal Governing Board (Consiglio d’Amministrazione/direttivo) della Cochrane Collaboration, con 6 voti a favore, 5 contrari (4 membri in seguito si sono dimessi per protesta) e 1 astenuto, senza che lui stesso potesse votare.1 Gøtzsche era Direttore del Nordic Cochrane Center e co-fondatore nel 1993 della Cochrane Collaboration (il termine “Collaboration” è stato rimosso da alcuni anni), nonché membro del
Cochrane Governing Board da gennaio 2017, con il massimo dei voti tra gli 11 candidati. Il suo lavoro, improntato a indipendenza e trasparenza, ha raccolto e analizzato i risultati degli studi clinici, per fornire informazioni solide e affidabili, utili per prendere decisioni su interventi medici, farmaci, vaccini, screening.
Ha una prestigiosa attività scientifica e le sue pubblicazioni, tra le più consultate, “hanno svolto un ruolo fondamentale a favore della trasparenza dei dati clinici, della priorità dei bisogni di salute pubblica e della difesa della rigorosa ricerca medica indipendente dai conflitti di interesse”, come scrivono, nella lettera al Ministro della Salute danese, oltre 10.000 persone, inclusi emeriti studiosi del calibro di Iain Chalmers e Fiona Godlee, Direttrice editoriale del BMJ, per chiedere che non sia anche licenziato dal suo lavoro presso l’ospedale di Copenaghen (purtroppo, però, è stato spinto a dimettersi).
Perché sei membri del Governing Board della Cochrane lo hanno espulso, accusandolo di “bad behavior/cattivo comportamento”?
Già nel 2001 Gøtzsche aveva mosso critiche agli screening mammografici, sottolineando i rischi di sovradiagnosi e ridimensionando le aspettative sulla mammografia per ridurre la mortalità da cancro mammario.
I suoi libri “Medicine letali e crimine organizzato: come Big Pharma ha corrotto la sanità”, del 2013, e “Psichiatria letale e negazione organizzata”, del 2015, tradotti in più lingue, sono stati pubblicamente criticati dalla Cochrane. Infine l’articolo pubblicato sul BMJ-Evidence-Based Medicine a luglio 2018, insieme a Lars Jørgensen e Tom Jefferson, che ha messo in dubbio i risultati di sicurezza del vaccino antipapilloma virus (HPV), pubblicati in maggio da un altro gruppo Cochrane, ritenendo quella revisione incompleta, perché aveva escluso studi eleggibili, usato esiti surrogati, non considerato importanti errori sistematici, sottoriportato eventi avversi (la Newsletter NoGrazie 63 di ottobre 2018 riporta ampiamente i punti del dibattito che ne è
seguito, e consente a chi vuole di capire da che parte stiano le prove).
Quando il giornalista Mark Wilson, diventato CEO della Cochrane, ha impresso un’impronta più commerciale all’organizzazione, Gøtzsche ha accentuato l’opposizione, denunciando che la Cochrane starebbe deviando dai principi originari, con nuovi vertici sempre più conniventi con gli interessi economici che ruotano intorno alla sanità.
«Le nostre strategie di ‘brand’ e di ‘prodotto’ stanno assumendo priorità sui risultati scientifici indipendenti, etici e socialmente responsabili», ha scritto Gøtzsche nella sua protesta dopo l’espulsione dal Governing Board. «… ci siamo dovuti confrontare con tentativi di censura scientifica, invece che con la promozione di un dibattito scientifico pluralistico e basato su revisioni Cochrane attendibili su benefici e pericoli di interventi sanitari».
Il Board invece ha accusato Gøtzsche di avere usato il nome della Cochrane per promuovere le sue idee fortemente critiche verso l’industria farmaceutica, in violazione della politica dell’organizzazione, scrivendo in una lettera con intestazione Cochrane una critica all’Agenzia europea del farmaco (EMA), per un’insufficiente valutazione e informazione su possibili effetti nocivi del vaccino antiHPV, e testimoniando tra l’altro in un procedimento giudiziario senza chiarire che esprimeva il suo punto di vista e non quello della Cochrane.
Gøtzsche ha però scritto: «La mia non è una questione personale. È un problema fortemente politico, scientifico e morale sul futuro della Cochrane… Come molti sanno, gran parte del mio lavoro non è a favore degli interessi economici dell’industria farmaceutica. Per questo, la Cochrane ha subito pressioni, critiche e lamentele. La mia espulsione è uno dei risultati di queste campagne. È in pericolo la capacità di produrre prove mediche credibili e affidabili».
Dal 2014 è cambiata la politica della Cochrane sui conflitti di interesse e si è anche consentito a ricercatori con legami con industrie biomediche di revisionare studi su prodotti delle stesse, purché non siano la maggioranza nel team di revisione e purché il coordinatore del team non abbia avuto tali relazioni finanziarie negli ultimi tre anni. Concordiamo con Gøtzsche che tali garanzie non siano affatto adeguate.
Gli attuali leader della Cochrane non hanno dato spiegazioni, prove o documentazione a sostegno del “cattivo comportamento” di Gøtzsche, e sino a poco fa i dettagli dell’espulsione sono rimasti opachi, con totale assenza di trasparenza.
Il libro di Gøtzsche Death of a whistleblower (persona che denuncia attività illecite) and Cochrane’s moral collapse. (https://amzn.to/2Bfly58) ha alzato il velo su questo mistero. Le registrazioni trapelate della riunione segreta mostrano l’intolleranza del Board, che ha espulso un suo membro basandosi su vaghe accuse. Il processo anti-democratico, in cui non si è esibita alcuna prova, getta grande preoccupazione sul futuro della Cochrane, che ha vissuto di trasparenza. Espellere chi esprime dissenso scientifico, emettere proclami non supportati da prove, diffamare, infrangono principi fondamentali della Cochrane. Si sono aggiunte pubbliche
minacce da parte del direttivo “Tolleranza zero verso cattivi comportamenti”, che rischiano di essere percepite come “Tolleranza zero verso opinioni (scientifiche) differenti” (https://www.ipetitions.com/petition/cochrane-for-members).
Ci sembra che la risposta sul BMJ del Direttore editoriale Cochrane Tovey, che nega ogni problema (“la Cochrane è fiorente”, aumentano le adesioni, le revisioni, il fatturato…) sia una grave conferma dell’abbandono della mission originaria.
Anche chi dissentisse dal pensiero di Gotzsche può comprendere che le implicazioni vanno ben oltre la sua persona. Le revisioni Cochrane sono fra le più importanti risorse di cui disponiamo per implementare politiche sanitarie, formulare linee guida, scegliere interventi appropriati.
Se la Cochrane perde la propria credibilità e l’integrità scientifica è compromessa, la distorsione nelle politiche sanitarie può essere grave.
Prendiamo posizione con fermezza rispetto a chi vuole che si parli con una sola voce, reprime un dibattito scientifico aperto su qualità e affidabilità delle revisioni, enfatizza il brand, il business, il prodotto più che la scienza; e tollera conflitti di interesse con l’industria biomedica.
Vogliamo siano preservati i valori originari della Cochrane: dibattiti scientifici liberi, nessun conflitto di interesse tra i revisori e le aziende di cui si valuta il prodotto, apertura, trasparenza, democrazia e cooperazione.
Pensiamo che non si possa tacere. La RSS unisce la propria voce a quella di chi, alla luce dei dati resi pubblici, chiede il reintegro nel Board di Gotzsche e dei membri dimissionari, e una maggior democrazia interna e una nuova e seria politica sui conflitti di interesse.

1. Le righe che seguono sono tratte da Quaderni ACP, 1-2019 https://www.acp.it/wpcontent/uploads/Quaderni-acp-2019_261_2.pdf

La Rete Sostenibilità e Salute

Bologna, 22 Marzo 2019

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?
Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere,
promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo
accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.
1. Fondazione Allineare Sanità e Salute
2. Associazione Dedalo 97
3. Associazione di studi e informazione sulla salute – AsSIS
4. Associazione Frantz Fanon
5. Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
6. Associazione per la Decrescita
7. Associazione Scientifica Andria
8. Centro Salute Internazionale-Università di Bologna
9. Federspecializzandi
10. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
11. Giù le Mani dai Bambini ONLUS
12. Italia che cambia
13. Medicina Democratica ONLUS
14. Movimento per la Decrescita Felice
15. NoGrazie
16. Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca
17. People’s Health Movement
18. Psichiatria Democratica
19. Rete Arte e Medicina
20. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
21. Slow Food Italia
22. Slow Medicine
23. SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica
24. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia Sociale
25. Vivere sostenibile

Media relation Rete Sostenibilità e Salute
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L’impronta ecologica delle strutture e dei servizi sanitari

COMUNICATO STAMPA DEL 18 MARZO 2019

I servizi sanitari, a cominciare dagli ospedali, contribuiscono in maniera significativa all’impronta
ecologica e quindi ai cambiamenti climatici che, oltre a causare danni all’ambiente, ne causano alla salute delle popolazioni. Come un cane che si morde la coda, i servizi sanitari devono prendersi cura di disturbi e malattie che sono in parte causati da essi stessi, in aggiunta ad altri e più noti danni da iatrogenesi. L’impronta ecologica dei servizi sanitari è dovuta alle loro attività, ai prodotti e alle tecnologie che usano, all’energia e alle risorse materiali che consumano, ai rifiuti che generano, agli edifici che costruiscono e occupano.
Questa impronta ecologica si può misurare e la si può suddividere per settore e attività da cui proviene. Dopo
averla misurata, è possibile prendere misure per ridurla, agendo prioritariamente sui settori e le attività che ne sono responsabili, con priorità per quelli e quelle a maggiore impatto.
La Rete Sostenibilità e Salute (RSS) ha analizzato e riassunto ciò che si sa sull’argomento, mostrando come, per esempio, il servizio sanitario inglese abbia emesso, nel 2015, 22.8 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica (MtCO2eq), con un aumento annuale costante dal 1992, anno in cui sono iniziate le misurazioni. Negli USA, sono stati emessi nel 2013 655 milioni di MtCO2eq; si stima che ciò corrisponda, in termini di salute, a una perdita di 470.000 anni di vita aggiustati per disabilità. Revisioni della letteratura sull’argomento mostrano che i servizi sanitari sono responsabili di circa il 3% dell’impronta ecologica totale in Gran Bretagna e di circa l’8% negli Stati Uniti. Non ci sono dati per l’Italia, ma è probabile che si navighi sulle stesse cifre.
Per fortuna, afferma il curatore del documento Adriano Cattaneo, “c’è modo di ridurre questa impronta ecologica, e molti ospedali e servizi nel mondo si stanno già impegnando a mettere in atto misure, elencate nel documento della RSS, che permettano di raggiungere l’obiettivo.
Quello che ci vuole è soprattutto volontà politica e la costruzione di una rete che permetta di scambiare esperienze e apprendere da quelli che possono mostrare risultati positivi”. La RSS spera che anche in Italia si dia inizio a percorsi che permettano di porsi seriamente il problema di come ridurre l’impronta ecologica di ospedali e servizi sanitari. A tal fine, invita ospedali e servizi sanitari interessati all’argomento, e che abbiano realizzato o intendano realizzare progetti miranti a ridurre la loro impronta ecologica, a mettersi in contatto con la rete (rete@sostenibilitaesalute.org) al fine di diffondere metodi e risultati e di stimolare altre realtà ad intraprendere lo stesso cammino.

La Rete Sostenibilità e Salute

Rete Sostenibilità e Salute: chi siamo?
Siamo un insieme di associazioni che da anni si impegnano in maniera critica per proteggere,
promuovere e tutelare la salute. Ogni associazione ha la sua storia e le sue specificità, ma siamo
accomunati da una visione complessiva della salute e della sostenibilità.
1. NoGrazie
2. Associazione Dedalo 97
3. Associazione di studi e informazione sulla salute – AsSIS
4. Associazione Frantz Fanon
5. Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia
6. Associazione per la Decrescita
7. Associazione Scientifica Andria
8. Centro Salute Internazionale-Università di Bologna
9. Federspecializzandi
10. Fondazione Allineare Sanità e Salute
11. Fondazione per la Salutogenesi ONLUS
12. Giù le Mani dai Bambini ONLUS
13. Italia che cambia
14. Medicina Democratica ONLUS
15. Movimento per la Decrescita Felice
16. Osservatorio e Metodi per la Salute, Università di Milano-Bicocca
17. People’s Health Movement
18. Psichiatria Democratica
19. Rete Arte e Medicina
20. Rete Mediterranea per l’Umanizzazione della Medicina
21. Slow Food Italia
22. Slow Medicine
23. SIMP Società Italiana di Medicina Psicosomatica
24. Sportello Ti Ascolto – Rete di Psicoterapia Sociale
25. Vivere sostenibile

L’impronta ecologica delle strutture e dei servizi sanitari
Curatore della redazione per la RSS: Adriano Cattaneo

Introduzione
I servizi sanitari, a cominciare dagli ospedali, contribuiscono in maniera significativa all’impronta ecologica (nei terreni, nelle acque, in atmosfera) e quindi ai cambiamenti climatici che, oltre a causare danni all’ambiente, ne causano alla salute delle popolazioni.(1) Come un cane che si morde la coda, il servizio sanitario deve prendersi cura di disturbi e malattie che sono in parte causati dal servizio stesso (in aggiunta ad altri e più noti danni da iatrogenesi). L’impronta ecologica dei servizi sanitari è dovuta alle loro attività, ai prodotti e alle tecnologie che usano, all’energia e alle risorse materiali che consumano, ai rifiuti che generano, agli edifici che costruiscono e occupano. Questa impronta ecologica si può misurare e la si può suddividere per settore e attività da cui proviene. Dopo averla misurata, è possibile prendere misure per
ridurla, agendo prioritariamente sui settori e le attività che ne sono responsabili, con priorità per quelli e quelle a maggiore impatto.

Calcolare l’impronta ecologica
Che si sappia, non esiste una stima dell’impronta ecologica dei servizi sanitari italiani, né a livello nazionale, né a quello regionale o locale, né in singole strutture o settori di attività. In ciò, l’Italia è in ritardo rispetto ad altri paesi:
• In Inghilterra, l’impronta ecologica del SSN è misurata fin dal 1992. Da quell’anno al 2004 era aumentata del 26% ed era stata quantificata in 18.6 milioni di tonnellate equivalenti di anidride carbonica (MtCO2eq), il 25% di tutte le emissioni del settore pubblico.(2) Di queste 18.6 MtCO2eq, il 60% erano attribuite ai materiali acquistati e usati, il 22% all’energia consumata, il 18% a viaggi e trasporti. Nonostante qualche tentativo per
ridurla,(3) l’impronta ecologica era salita a 22.8 MtCO2eq nel 2015, il 23% in più rispetto al 2004. (4) L’impronta ecologica è ormai misurata regolarmente in molti ospedali. (5) Ed è sempre più spesso misurata anche per specifici settori di attività, come per esempio la nefrologia e la terapia intensiva.(6,7)
• Negli USA, uno studio ha valutato l’impronta ecologica dei servizi sanitari nei 10 anni intercorrenti tra il 2003 e il 2013.(8) La quantità di MtCO2eq è aumentata del 56%, dai circa 420 milioni del 2003 ai 655 del 2013, raggiungendo quasi il 10% del totale nazionale di emissioni rispetto al 7% del 2003. Nel 2013, gli ospedali contribuivano con il 36% delle emissioni, seguiti dai servizi ambulatoriali (12%) e dai farmaci (10%). Gli autori hanno anche stimato i danni alla salute causati da queste emissioni: una perdita di 470.000 DALY (anni
di vita aggiustati per disabilità).
• Più recentemente, l’impronta ecologica dei servizi sanitari è stata misurata anche in Canada.(9) Tra il 2009 e il 2015 i servizi canadesi hanno emesso 33 MtCO2eq, il 4.6% del totale nazionale, oltre a 200.000 tonnellate di altri contaminanti, con una perdita di circa 23.000 DALY.
• Infine l’Australia, che tra il 2014 e il 2015 ha emesso circa 35 MtCO2eq, il 7% del totale nazionale.(10) I 5 settori maggiormente responsabili di queste emissioni sono stati gli ospedali pubblici (34%), quelli privati (10%), i farmaci non passati dal SSN (9%), quelli passati dal SSN (9%) e le spese capitali per costruzioni (8%).
Tra gli studi di settore, interessante quello che ha calcolato l’impronta ecologica dei servizi di chirurgia in 3 ospedali universitari di Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna.(11) Nel 2011, la chirurgia dell’ospedale britannico ha emesso quasi 5.2 MtCO2eq, quello statunitense quasi 4.2, quello canadese 3.2. In base all’area occupata, tuttavia, l’ospedale britannico aveva le minori emissioni, 1702 kgCO2eq per metro quadrato, contro i 1951 dell’ospedale canadese e i 2284 di quello statunitense. In base al volume di attività, invece, l’ospedale canadese aveva le emissioni minori, 146 kgCO2eq per paziente trattato, contro i 173 dell’ospedale britannico e i
232 di quello statunitense. I consumi di gas anestetici e di energia erano i maggiori responsabili dell’impronta ecologica nei 3 ospedali, e le differenze in emissioni tra loro era dovuta soprattutto all’uso più o meno razionale di gas anestetici ed energia, a dimostrazione che è possibile ridurre l’impronta ecologica, se si vuole.
Sul tema ci sono anche un paio di revisioni sistematiche. La prima, del 2012, ha analizzato la letteratura in lingua inglese, proveniente soprattutto da Gran Bretagna e Stati Uniti, con qualche articolo proveniente da Grecia, Spagna, Polonia, Malesia e Tailandia. (12) I dati aggregati provenienti da 38 pubblicazioni, su 497 inizialmente identificate (in maggioranza editoriali, commenti o punti di vista), mostrano che i servizi sanitari sono responsabili di circa il 3% dell’impronta ecologica totale in Gran Bretagna e di circa l’8% negli Stati Uniti. In Gran Bretagna sono l’acquisizione di materiali e attrezzature e l’eliminazione dei rifiuti a contare per circa il 60% delle emissioni, con un 20% di queste attribuite ai famaci. Negli USA, il 46% dell’impronta ecologica dei servizi sanitari riguarda il consumo di energia, soprattutto negli ospedali. La revisione cita anche alcune comparazioni tra approcci medici o chirurgici per il riflusso gastrico, tra due procedure per il trattamento della cataratta, tra l’eliminazione e il riuso dell’acqua usata per la dialisi renale, tra diversi metodi di scaldare l’acqua per le sale operatorie, tra le classiche visite ambulatoriali e la telemedicina; tutti esempi interessanti su come sia possibile ridurre l’impronta ecologica con accorgimenti medici e organizzativi fattibili. La seconda, del 2014, ha analizzato 76 articoli, dopo averne identificati 193, per stabilire priorità per politiche, pratiche e ricerca in tema di ospedali sostenibili.(13) Mentre la ricerca per un’edilizia ospedaliera più “verde” è relativamente avanzata, molto resta da fare per migliorare tecnologie e prodotti, farmaci in particolare, soprattutto per quanto riguarda consumi di energia e acqua. Ancora meno si sa dei fattori clinici, psicologici e sociali che influenzano comportamenti poco sostenibili degli operatori sanitari, medici in particolare. È probabile che si possano raggiungere risultati migliori, e più velocemente, agendo sulla prevenzione e sulla domanda, più che sull’offerta di prestazioni sanitarie e sulle procedure delle stesse.
Calcolare l’impronta ecologica di ospedali e servizi sanitari è quindi possibile: Se nessuno lo fa in Italia è perché manca la volontà politica di farlo, visto che in altri settori qualche calcolo è stato fatto. La RSS raccomanda che ministeri competenti e regioni adottino un metodo standard di calcolo dell’impronta ecologica e comincino a usarlo su campioni di ospedali e aziende sanitarie, e possibilmente in qualche regione. I risultati serviranno da un lato a sensibilizzare cittadini e operatori sanitari a ridurla, dall’altro come base per misurare progressi futuri, ottenibili applicando alcuni degli interventi e delle strategie descritte e analizzate nella prossima sezione.

Ridurre l’impronta ecologica
In un breve articolo pubblicato nel 2008, gli autori suggerivano 10 passi concreti, alla portata di tutti i medici, per combattere i cambiamenti climatici.(14) Tra questi 10 passi, alcuni riguardavano i comportamenti da assumere:
• Usare meno energia isolando tetto, pareti e pavimento
• Spegnere le luci
• Ridurre l’acquisto di beni e servizi
• Guidare e volare meno, camminare, pedalare o usare trasporti pubblici
• Frequentare meno congressi, soprattutto internazionali, dando preferenza alle teleconferenze
• Influenzare i menu chiedendo prodotti locali, meno carne e meno cibi processati
• Bere acqua del rubinetto.

Comportamenti simili sono raccomandabili anche per altri tipi di operatori sanitari, come ad esempio gli infermieri.(15) Si tratta di comportamenti individuali salubri ed esemplari che possono essere facilmente trasformati in comportamenti e interventi collettivi e strutturali. Come proposto, a un vertice su clima e salute svoltosi nel 2012 a Durban, Sud Africa, da una coalizione di oltre 500 ONG da più di 50 paesi che ha presentato una road map per ospedali e servizi sanitari per ridurre le emissioni di CO2 e rendere più “verde” la medicina:(16)
1. Dare priorità alla salute ambientale
2. Sostituire le sostanze chimiche dannose con alternative più sicure
3. Ridurre e mettere in sicurezza lo smaltimento dei rifiuti
4. Utilizzare l’energia in modo efficiente e passare a energie rinnovabili
5. Ridurre il consumo di acqua
6. Migliorare le strategie di viaggio
7. Acquistare e servire cibo coltivato in modo sostenibile
8. Gestire e smaltire i farmaci in modo sicuro
9. Adottare una progettazione e costruzione più “verde” degli edifici
10. Acquistare prodotti più sicuri e più sostenibili.

Nel frattempo l’OMS, in collaborazione con Health Care Without Harm, una rete di associazioni nata negli USA ma ora attiva a livello globale,(17) aveva pubblicato un documento con esempi di azioni specifiche suddivise in 7 categorie:(18)
1. Efficienza energetica: ridurre i consumi e i costi con sistemi più efficienti e conservazione dell’energia.
2. Edilizia “verde”: costruire ospedali adatti al clima locale e a basso consumo di energia, in luoghi facili da raggiungere con trasporti puliti.
3. Energie alternative: produrre e consumare energia pulita e rinnovabile, possibilmente prodotta in loco.
4. Trasporti: usare meno carburante, incoraggiare il camminare, il pedalare e l’uso di trasporti pubblici per raggiungere i servizi, sia per gli utenti sia per gli operatori.
5. Cibo: fornire prodotti locali e sostenibili per utenti e personale.
6. Rifiuti: ridurre, riusare, riciclare, compostare e usare alternative all’incenerimento.
7. Acqua: conservarla ed evitare l’acqua in bottiglia, se possibile.

I numerosi esempi e le raccomandazioni incluse in ognuno dei 7 capitoli erano rivolte ai politici, ma anche ai gestori, agli operatori e agli utenti dei servizi sanitari.
Nel 2016, l’ufficio europeo di Health Care Without Harm ha pubblicato un altro documento su come ridurre l’impronta ecologica di ospedali e servizi sanitari.(19) Usando esempi da Francia, Germania, Gran Bretagna, Svezia e Marocco, Health Care Without Harm rinnova le raccomandazioni di cui sopra in relazione a energia, edilizia, trasporti, rifiuti, cibo e acqua, e raccomanda, in relazione alle politiche, di:
• Rendere più rigorosa la legislazione sulle emissioni di gas serra, con scadenze temporali più stringenti.
• Tassare in maniera progressiva chi non rispetta i limiti, a favore di tecnologie alternative pulite.
• Eliminare progressivamente l’uso di fossili per produrre energia, dando priorità alla produzione di energie pulite di vicinanza.
• Promuovere l’elettrificazione dei trasporti.

Inoltre, ospedali e servizi sanitari dovrebbero rivedere i loro sistemi per il rifornimento di farmaci e altri materiali, scegliendo le alternative più “verdi”. Le stesse raccomandazioni pratiche sono promosse globalmente e monitorate da Global Green and Healthy Hospitals, una rete con più di 1000 membri da oltre 50 paesi promossa da Health Care Without Harm.(20)Negli USA, un’altra rete di ospedali e istituzioni sanitarie, Practice Greenhealth,(21) offre agli aderenti una serie di strumenti che permettono di calcolare la loro impronta ecologica, pianificare e mettere in atto interventi miranti a ridurla, e verificare i progressi per modificare i piani creando circoli virtuosi.
Infine, non mancano i ricercatori che sviluppano modelli teorici, da applicare e valutare, per una gestione più “verde” di ospedali e servizi sanitari.(22,23) Per concludere, se gli operatori sanitari, a cominciare dai medici, cominciassero a cambiare in massa il loro comportamento, potrebbero con il loro esempio ispirare cambiamenti sociali e ambientali più ampi e più rapidi. Se la riduzione dell’impronta ecologica diventasse routine in tutti gli ospedali e i servizi sanitari, si potrebbe avere un effetto di trasformazione dei comportamenti, come è accaduto con il fumo. Perché non ci si impegna a sufficienza in questo senso? Contano sicuramente il senso di impotenza e la mancanza di tempo. Potrebbero servire degli incentivi finanziari, per premiare operatori e servizi virtuosi? Ciò che è certo è che sarebbe tecnicamente possibile una riduzione a breve termine delle emissioni anche all’interno del quadro esistente, senza compromettere gli standard di cura, applicando il principio “meno è meglio”. Tagli maggiori potrebbero essere raggiunti con ristrutturazione e sostituzione di edifici, trasformando il modo di viaggiare, passando alle energie rinnovabili, massimizzando l’efficienza negli acquisti, e minimizzando i rifiuti. A complicare il tutto c’è il fatto che i nostri indicatori non tengono ancora conto delle conseguenze inutili e dannose dell’attività economica. Nel modello basato sul PIL, l’aumento dei costi dell’assistenza sanitaria è parte integrante di una crescita economica ritenuta positiva, anche se include una grande quantità di sprechi per cure inefficaci e inutili.

E in Italia?
Come scritto sopra, il nostro paese sembra arretrato su questo come su altri temi. Cercando su internet è impossibile trovare articoli su ricerche effettuate in tema di impronta ecologica di ospedali e servizi sanitari, e non è facile nemmeno trovare articoli non scientifici. La rivista Altreconomia ha affrontato il problema nel 2017, riportando esperienze europee di alcune delle quali abbiamo scritto nelle sezioni precedenti. (24) Per l’Italia, Altreconomia cita l’esempio dell’Emilia Romagna e del suo programma “Il Servizio sanitario regionale per lo sviluppo sostenibile”, con cui si impegna a ridurre il peso ambientale del servizio sanitario regionale e a promuovere un uso razionale dell’energia. Qualcosa di più su questo programma lo si può capire spulciando il sito internet della regione.(25) Sono apparentemente in atto alcune linee di progetto su vari temi: per esempio, consumo di energia e di acqua, gestione dei rifiuti, sistema di acquisti. Ma non si trovano ancora rapporti sui risultati. Meglio che nelle altre regioni, ma siamo ben lontani dall’aver raggiunto obiettivi di riduzione dell’impronta ecologica.
Con questo documento la RSS spera di contribuire a iniziare percorsi, a livello nazionale, regionale e locale, che permettano anche al nostro paese di porsi seriamente il problema di come ridurre l’impronta ecologica di ospedali e servizi sanitari. A tal fine, la RSS invita ospedali e servizi sanitari interessati all’argomento, e che abbiano realizzato o intendano realizzare progetti miranti a ridurre la loro impronta ecologica, a mettersi in contatto con la rete (rete@sostenibilitaesalute.org) al fine di diffondere metodi e risultati e di stimolare altre realtà ad intraprendere lo stesso cammino.

La Rete Sostenibilità e Salute

1 Watts N, Adger WN, Ayeb-Karlsson S et al. The Lancet Countdown: tracking progress on health and climate change. Lancet 2017; 389: 1151–64
2 Saving carbon, improving health: NHS carbon reduction strategy. National Health Service, Sustainable Development Unit, Cambridge, January 2009
3 https://www.theguardian.com/environment/2009/may/26/nhs-carbon-emissions
4 https://www.sduhealth.org.uk/policy-strategy/reporting/nhs-carbon-footprint.aspx
5 Vedi per esempio www.meht.nhs.uk/EasySiteWeb/GatewayLink.aspx?alId=22743
6 Connor A, Lillywhite R, Cooke MW. The carbon footprint of a renal service in the United Kingdom. QJM
010;103:965-75
7 Pollard AS, Paddle JJ, Taylor TJ, Tillyard A. The carbon footprint of acute care: how energy intensive is critical care? Public Health 2014;128:771-6
8 Eckelman MJ, Sherman J. Environmental impacts of the U.S. health care system and effects on public health. PLoS ONE 2016;11(6): e0157014
9 Eckelman MJ, Sherman JD, MacNeill AJ. Life cycle environmental emissions and health damages from the Canadian
healthcare system: An economic-environmental-epidemiological analysis. PLoS Med 2018;15(7):e1002623
10 Malik A, Lenzen M, McAlister S, McGain F. The carbon footprint of Australian health care. Lancet Planet Health 2018;2: e27–35
11 MacNeill AJ, Lillywhite R, Brown CJ. The impact of surgery on global climate: a carbon footprinting study of operating theatres in three health systems. Lancet Planet Health 2017;1:e381–88
12 Brown LH, Buettner PG, Canyon DV. The energy burden and environmental impact of health services. Am J Public Health 2012;102:e76–e82
13 McGain F, Naylor C. Environmental sustainability in hospitals: a systematic review and research agenda. J Health Serv Res Policy 2014;19(4):245-52
14 Griffiths J, Hill A, Spiby J, Stott R. Ten practical steps for doctors to fight climate change. BMJ 2008;336:1507
15 https://climateandhealthtoolkit.org/healthcare-facilities/
16 Moynihan R. The greening of medicine. BMJ 2012;344:d8360
17 https://noharm-global.org/
18 WHO/Health Care Without Harm. Healthy hospitals, healthy planet, healthy people: addressing climate change in healthcare settings. WHO, Ginevra, 2009
19 Health Care Without Harm. Reducing healthcare’s climate footprint: opportunities for European hospitals and health systems. Brussels, 2016
20 Global Green and Healthy Hospitals. Annual report 2017 https://www.greenhospitals.net/wpcontent/uploads/2018/02/GGHH-Annual-Report-2017-FINAL_Spreads.pdf
21 https://practicegreenhealth.org/
22 Pollard AS, Taylor TJ, Fleming LE et al. Mainstreaming carbon management in healthcare systems: a bottom-up modeling approach. Environ Sci Technol 2013;47(2):678-86
23 Duane B, Taylor T, Stahl-Timmins W et al. Carbon mitigation, patient choice and cost reduction: triple bottom line optimisation for health care planning. Public Health 2014;128(10):920-4
24 https://altreconomia.it/sostenibilita-salute/
25 http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/primo-piano/2010/settembre/ospedali-piu-sostenibili

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